Vietato internet. La censura del Congo per gestire le elezioni presidenziali

Adriano Sofri

Il governo ha impedito l'accesso alla rete, ai social e agli sms per prevenire disordini fino alla proclamazione del nuovo presidente. L'ombra del controllo sul modello cinese 

Nella Repubblica democratica del Congo le elezioni presidenziali si sono finalmente tenute domenica scorsa. Bisogna eleggere il successore di Joseph Kabila, che è restato al potere per più di 17 anni, dopo l’uccisione di suo padre Laurent Désiré nel 2001. La sua carica era legalmente decaduta da due anni, nel corso dei quali le elezioni sono state continuamente rinviate. Un rinvio di una settimana è intervenuto perfino in extremis, dal 23 al 30 dicembre. La Commissione elettorale ha annunciato la proclamazione dell’esito del voto per il 6 gennaio, e fino ad allora il governo ha chiuso completamente l’accesso a internet, agli sms e ai social, oltre ai programmi di Radio France Internationale, seguita dal 40 per cento dei cittadini del grande paese francofono. Motivazione ufficiale: prevenire i disordini che potrebbero derivare da false anticipazioni in rete sul risultato elettorale.

    

I candidati accreditati sono tre – quelli formali sono addirittura 21. Uno è il candidato ombra di Kabila (il quale ha accennato all’eventualità di ricandidarsi ancora nel 2023!), Emmanuel Ramazani Shadari. Uno è Félix Tshisekedi, figlio di Etienne che era stato più volte primo ministro, morto nel 2017. Il terzo è Martin Fuyulu, 62 anni, una carriera importante nella Mobil interrotta nel 2003 per impegnarsi interamente in politica. Fuyulu è sostenuto da personalità influenti dell’opposizione a Kabila, compreso quel Moise Katumbi escluso dalla corsa presidenziale in cui partiva favorito. Largamente in vantaggio è ritenuto Fuyulu, ma sono allarmanti le notizie sul boicottaggio dell’opposizione, come l’esclusione dal voto della popolazione di province colpite dall’ebola, su violenze ai seggi nell’est, su brogli e manipolazioni delle liste degli elettori e dei macchinari per i conteggi. Stati Uniti, Europa, Canada e Svizzera hanno chiesto al governo di Kinshasa di revocare il blocco della rete. L’episodio risolleva l’attenzione sulla penetrazione africana del modello cinese di controllo e censura sulla rete. In questo caso – non raro peraltro in Africa e in Asia – non si tratta di filtri ma dello spegnimento totale. Come sarebbe stato, per ragioni di ordine pubblico, chiudere completamente l’erogazione dell’elettricità e lasciare al buio un paese. Dal buio congolese molti temono che emerga una galvanizzazione delle violenze e delle guerre civili. Lo temono anche i paesi avanzati, Cina compresa, molto in pensiero per il cobalto.

Di più su questi argomenti: