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La pena di morte fra Turchia e Kurdistan

Adriano Sofri
I media del Krg, il Kurdistan cosiddetto iracheno, sottolineano la dichiarazione di Kerry per cui la minaccia di reintrodurre la pena di morte in Turchia (dove fu abolita nel 2004 e non più praticata dal 1984) comporterebbe l’uscita dalla Nato. Questo risolleva il problema della pena capitale nel Ku
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I media del Krg, il Kurdistan cosiddetto iracheno, sottolineano la dichiarazione di Kerry per cui la minaccia di reintrodurre la pena di morte in Turchia (dove fu abolita nel 2004 e non più praticata dal 1984) comporterebbe l’uscita dalla Nato. Questo risolleva il problema della pena capitale nel Kurdistan, in cui è in vigore, come nel resto dell’Iraq. Abolita brevemente durante il protettorato americano, in Iraq è stata ripristinata dal 2004 e da allora largamente applicata. In Kurdistan era applicata una moratoria di fatto dal 2008 e l’Onu aveva raccomandato l’abolizione definitiva. Nell’agosto 2015 la moratoria è stata interrotta dall’impiccagione, a Dohuk, di tre persone colpevoli del rapimento e dell’assassinio di due bambine di undici anni. Nelle carceri del Krg ci sono poco più di 200 condannati a morte. Lo scorso mese sono stati condannati a morte 7 affiliati all’Isis giudicati responsabili dell’attentato che nel novembre 2014 fece 4 morti e molti feriti davanti alla sede del governatorato di Erbil. Dal governo curdo ci si aspetta una scelta definitiva contro la pena di morte, che prescinda dalla gravità dei crimini da punire.
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