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Diario di ieri

Adriano Sofri
Diario di ieri completo di una filosofia dell’avvenire. La lettura a prima vista fa dei brutti scherzi. Ieri quando ho letto in un sommario al discorso “storico” di Angela Merkel il compendio: “No al tetto sui profughi” ho avuto un vero soprassalto. E d’inverno, per giunta. Grazie al cielo, voleva d
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Diario di ieri completo di una filosofia dell’avvenire. La lettura a prima vista fa dei brutti scherzi. Ieri quando ho letto in un sommario al discorso “storico” di Angela Merkel il compendio: “No al tetto sui profughi” ho avuto un vero soprassalto. E d’inverno, per giunta. Grazie al cielo, voleva dire che la signora Merkel ha detto no alla richiesta di porre un tetto massimo al numero di profughi da accogliere. E’ morto Armando Cossutta, mi dispiace, ha creduto fortemente alle cose che gli sembravano dare un senso alla vita. La vita ha un senso anche per altre cose, e vorrei mandare un saluto affettuoso a sua figlia Maura, come a una sorella minore. In una cronaca, ho letto che “la Leopolda numero 6 probabilmente sarà anche l’ultima dell’èra Renzi a Palazzo Chigi. La numero 7, se ci sarà, sarà frammentata in tante piccole manifestazioni sparse per l’Italia”. Bella idea, ho pensato, proprio come il Giubileo di Francesco. Poi ho letto che Obama annuncia che l’Italia aumenterà il suo impegno contro l’Isis. Non ho alcuna obiezione a questa apparente interferenza con gli affari nazionali nostri, anzi. Leggerei con favore che Renzi annuncia che gli Usa aumenteranno il loro impegno contro l’Isis. Sulla situazione del governo, non posso che ripetere l’impressione che già espressi sul suo presidente, che abbia letto Machiavelli solo a metà, per la metà (quasi: un po’ meno di metà) che assegna la riuscita alle qualità del pretendente. Gli manca l’altra metà (quasi: un po’ più della metà), che appartiene alla Fortuna. Ed è nei tempi in cui la Fortuna arride che occorre premunirsi dagli scherzi che la volubile signora prepara. Probabilmente questo non è ancora un vero scherzo, solo un capriccioso tocco sulla spalla, per avvertire. Poi ho ascoltato la coda, ma proprio la coda, di una discussione alla radio 3 sulle trivellazioni in Adriatico. Parlava Ermete Realacci, e in genere io mi fido di lui. In particolare, o si pensa che il prezzo del petrolio tornerà, per qualche fantasia della storia, o per qualche deflagrazione di Putin, a salire vertiginosamente, o è da imbecilli trivellare l’Adriatico col petrolio a 35 dollari. Ma non è solo questo il mio argomento. Io mi sono associato da tempo al sentimento di chi pensa che dobbiamo trattare la terra (e il mare e il cielo) avendo a cuore le generazioni future: dunque niente scorie nucleari, e niente trivellazioni dell’Adriatico. Su questa storia delle generazioni future voglio però allegare un ragionamento filosofico che mi pare sfuggire tanto a chi fa uso della bella formula quanto a chi se ne fa beffe. Ci sono le generazioni future prossime, e le generazioni future remote. Gli umani degli ultimi due o tremila anni si sono in realtà molto preoccupati delle generazioni future prossime: dei figli e dei nipoti, per intenderci. Hanno lavorato duro la terra e le cose perché figli e nipoti avessero una vita più comoda delle loro, e mediamente, a parte certe mietiture di pestilenze e guerre, ci sono riusciti. Ora sembra che siamo arrivati proprio sulla cima della lunghissima salita che consideriamo la storia della specie umana (ricadute e ritorni compresi, ma non è stata solo una fatica di Sisifo). Da questa cima, misuriamo l’impossibilità di migliorare la vita della generazione successiva, quella già viva e vegeta dei figli e dei nipoti. E dei nuovi nati che arrivano già gravati da un debito colossale, e con la certezza di non arrivare alla pensione, benché con una vita allungatissima. Se continuiamo a occuparci di noi e del paio di generazioni prossime, la terra è spacciata. Dunque quando oggi facciamo prevalere il punto di vista della terra, e delle generazioni future remote, sostituiamo semplicemente un altruismo all’altro. All’altruismo dei nostri genitori e nonni, che faticarono e risparmiarono per noi, che ne campiamo di rendita, l’altruismo eventuale nostro, che fatichiamo e risparmiamo per i pronipoti. Figli e nipoti sono in bilico su quella cima dalla quale si può ruzzolare e perfino rovinare giù. Sul versante dal quale siamo saliti è tutto disboscato, pieno di neve artificiale sparata dai cannoni di bibite gassate e di seggiovie. Sul versante dal quale dobbiamo cautamente ridiscendere c’è da puntellare ogni metro perché non frani sotto il nostro peso. Amen.
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