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Dio ci scampi dall’eccesso di zelo

Adriano Sofri
“La comunità internazionale non assista muta e inerte…”.
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“La comunità internazionale non assista muta e inerte…”. Papa Francesco ripete i suoi appelli, e tanti suoi confratelli di rango li coniugano a loro modo. Non aggiunge più, né lui né loro, lo scongiuro “non con le bombe, eh…”. D’altra parte non dice, non dicono: “Anche con le bombe, se non c’è altra strada”. Ma vuoi che la chiesa, e il suo capo, invitino a bombardare, sparare, fare fuoco? Questa l’obiezione universale. Non so, forse davvero la chiesa e il suo Papa non possono spingersi fino a quella esplicitezza. Forse ciò che è implicito nei loro appelli e moniti appartiene, materialmente anche se non moralmente, a quello che è di Cesare. Ma questa divisione dei compiti e delle competenze vuol dire che appelli e moniti vanno “interpretati”: dalla “comunità internazionale”, dai potenti della terra, e anche dalla gente comune. I cristiani assiri della Siria o dell’Iraq che – troppo pochi, ancora – hanno preso le armi e formato propri battaglioni di combattenti hanno dato la loro interpretazione. Ieri in un’ennesima loro cittadina l’Isis ha fatto esplodere la chiesa. Quegli assiri, e i curdi con loro, sono “i piedi sul terreno” della cosiddetta coalizione e in genere delle persone di buona volontà: che però “assistono inerti”, tant’è vero che l’Isis riconquista i paesi dai quali era stato cacciato. “Interpretare” gli appelli di Francesco e della chiesa li espone agli esiti più capricciosi, dal lato dell’inerzia come da quello dell’eccesso di zelo. Dio ci scampi dall’eccesso di zelo: per il momento, è l’inerzia a stravincere.
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