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Vittime tunisine al Bardo

Adriano Sofri
Lunedì, il giorno dopo, la controprova della grande manifestazione tunisina
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Lunedì, il giorno dopo, la controprova della grande manifestazione tunisina era l’appuntamento al museo del Bardo, per la prima volta riaperto al pubblico. Che ha risposto, stranieri e locali, in un numero incoraggiante. Il museo ha –molto giustamente- deciso di aprire ai visitatori anche le sale e le scale colpite dalle raffiche dei terroristi e ancora intoccate, oggetto di attenzione, commozione e curiosità (e inevitabili selfie). In alcuni punti gli sparatori sembrano aver mirato al cuore di una statuetta di Dioniso o di una Venere di mosaico. Grazie alla calma del giorno dopo mi sono fermato a leggere i nomi delle vittime e dei loro paesi sulla lapide di marmo apposta all’entrata. C’è un solo nome tunisino, quello di Aymen Morjane, il 24enne agente dell’antiterrorismo che, secondo testimoni italiani, ha coperto col proprio corpo i loro bambini. Così ho saputo che la voce sulla morte di una “donna delle pulizie” tunisina, di cui era circolato anche il nome e perfino una fotografia, era infondata. Le 15 “donne delle pulizie” del museo stanno bene e, senza allegria, erano tutte al lavoro.
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