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PATENTE

Stefano Di Michele
Pare sia una sorta di diritto costituzionale (pure quello?) – anche quando chi guida è uno stronzo ubriaco o fatto di qualcosa, che travolge e ammazza un bambino.
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PATENTE. Pare sia una sorta di diritto costituzionale (pure quello?) – anche quando chi guida è uno stronzo ubriaco o fatto di qualcosa, che travolge e ammazza un bambino. (Tremila morti ogni anno, e 250 mila feriti: un terzo dei quali dovuti ad alcol e droga, facciamo mille morti e ottantamila feriti). Così, dalla legge sull’omicidio stradale in discussione al Senato, è sparito il ritiro a vita della patente. Pure per chi è esattamente ciò che al buonsenso e alla logica appare: un killer al volante. Killer volontario, se sa che deve guidare. Il relatore, il senatore democratico Cucca, ha detto: “Un simile meccanismo sanzionatorio per la definitività dei suoi effetti non appare difendibile sul piano della legittimità costituzionale”. Allora la definitività del meccanismo sanzionatorio, diciamo così, funziona solo per la vittima? La patente adesso è diventata un diritto costituzionale? E i tram e i taxi e il monopattino che ci stanno a fare? Triste. Di più: da far girare i coglioni. Bisogna allora dare qualche colpo di freno, alla frenesia declamatoria sulla “più bella del mondo”? L’ergastolo agli uomini sì (niente da eccepire, per carità: sta bene dove sta) e alla patente no? (Dovrebbero almeno condannarli, gli assassini del volante, alla lettura a voce alta, e ripetuta, di quel bellissimo racconto di Stig Dagerman “Uccidere un bambino”. A un certo punto si legge: “Perché chi ha ucciso un bambino non va più al mare”. Sulla statale, invece, e costituzionalmente garantito, pare di sì).
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