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Delitti della quarta sera. Ma restano ancora gli Hateful Sixteen

Maurizio Crippa
Non trovare un motivo per risentirli tutti. Un colombiano canta e se ne va. Un comico che non era Checco Zalone. Un po’ di filologia sui testi d’amore in una notte senza angelo custode 
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“Uno che piscia da sotto in su

e tutti che cantano I love you”

 

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And the winner is… No, va bene, scherzavo per tirarmi su. Ne manca ancora una, felicità non raggiunta. Al momento buono, che abitiate nel social-mondo o nell’irreale mondo dei divani lo saprete subito, e per quest’anno sarà finita. Intanto stasera è la sera del venerdì, e alla faccia che è la sera che annuncia il dì di festa, è da sempre la più spaccamaroni del Festival (mi sono documentato e ho compulsato i sapienti: persino Assante e Castaldo). E ci credo, tocca risentire tutti e venti quei poeti che cantano I love you. Ma almeno i peggio cinque li hanno fatti fuori, Dear Jack e Zero Assoluto. Cadaveri impacchettati come quelli che aspettano la diligenza di The Hateful Heigt (ma qui ne restano ancora Sixteen, da odiare, e ce ne faremo una sanguinaria ragione). Anche Morgan l’hanno fatto fuori: niente lacrimucce in arrivo da WhatsApp, ma c’è qualcosa di buono, là nel mondo dei vivi.

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Comunque è la fine di una affaticata quarta serata, quella senza storia neanche in differita e che resta fuori persino dalla prima pagina del Corrierone. Una di quelle sere storte che non sapresti neanche a chi chiedere chi è Francesco Gabbani che ha vinto le Nuove proposte, una di quelle sere senza storia come in una ballata malinconica del Davide, che anche “l’angelo custode / l’è turnaà indree a cambià i culzòn”. Così non resta che googlare per scoprire che diavolo sia questo portento che vi farà ballare tutti, insomma questo J Balvin. E meno male che al Post si devono essere posti in anticipo la stessa domanda: ma che minchia ne sanno in Italia di chi è questo talento nativo di Medellin? E hanno scritto un post, sul Post, che spiega che è “un famoso cantante di musica reggeaton”, che da noi non è proprio come dire Vasco Rossi. E insomma J Balvin arriva, fa una cosa a metà tra il Fedez dei baci Perugina e una festa di compleanno di un cartello colombiano e se ne va, insalutato super-ospite.

 

Poi a un certo punto Pippo Baudo, o insomma Carlo Conti ché dello stesso legno sordo son fatti, dice: tra poco è in arrivo un “fuoriclasse della comicità”, che ha interrotto la sua trionfale turneé apposta per venire a Sanremo. E tu dici, evvai, questa la so anch’io senza neanche che me la dicano dal social-mondo: è Checco Zalone, o almeno Benigni. E invece, Pippo Baudo: “Enrico Brignano”. Sì, Brignano. No, per darvi un’idea di che cosa è, la quarta serata di Sanremo.

 

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[**Video_box_2**]E allora ti viene in mente il nume tutelare di queste righe, che piuttosto di dare retta a quelli che cantano dentro nei dischi perché c’hanno i figli da mantenere preferiva parlare con i limoni (“E verrà il giorno che spariranno / tutti i rompicoglioni”), e si chiedeva, si chiedeva lui che a Sanremo pure ci andava, quando lo invitavano: “Quanta fatica per farsi accettare con le canzoni / una vita intera a rincorrere due o tre illusioni”. E allora dici: già, ma questa fatica di “cantare solo I love you”, che vette di emozioni poetiche avrà toccato, quest’anno? E ti accorgi che a nessuno, ma proprio a nessuno, credo neanche ai bloggers del social-mondo, è venuto in mente di vedere di che sublimità parlino, quest’anno, i sacri testi. E per fortuna che Sorrisi e Canzoni li ha pubblicati tutti in anteprima, con cura di filologia, e io c’ho fatto su un personale seminario di variantistica, ché queste cose mica puoi chiederle su WhatsApp, toccano le sudate carte. E insomma Arisa, che è una di quelle che per convenzione è un’artista raffinata, canta che “stringo i pugni e rido ancora / che la vita è questa sola”. E Alessio Bernabei, che “dovremo aspettare primavera per ascoltare il primo album solista” (glossa a margine di Sorrisi e Canzoni), e io no sto già più nella pelle per il nuovo Leonard Cohen, canta: “La mia pelle è corteccia / che si può anche scalfire”. E Annalisa, quella che mi sembra di avere capito che va forte, e c’ha la sua bella voce e una canzone cucita bene, dice così: “E tu, che resti l’unico al mondo / come una stanza da rifare / resti immobile all’altare”. E se a questo punto vi viene da dire ridateci la Mannoia, anche se non è andata alla Leopolda, beh, non sarò io a farvene una colpa.

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Ps. Elisa. Di tutti i super ospiti, Pausini compresa, Elisa è stata l’unica a non sembrare la cover di se stessa. Era semplicemente Elisa, brava brava. E verrebbe quasi voglia di twittarlo, questo pensiero imporante. Ma per una sera come questa, c’est sufi.

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