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Il difetto di Pioli (e di Veltroni)

Maurizio Crippa

Uno dei motivi per cui amiamo Walter Veltroni in versione giornalista è che quando parla di qualsiasi cosa o intervista chicchessia, in fondo parla sempre di se stesso, come fanno i poeti

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Il titolare di una precedente rubrica devota al Filosofo di Setúbal mi prenderebbe a calci, perché alla vigilia della gita a Torino parlare di Mister Sette Vittorie, e di un intervistatore gobbo ma gobbo, porta una sfiga ma una sfiga. Però sticazzi, come pare abbia detto domenica pomeriggio Lucianone Spalletti a Genova: così è la vita. Uno dei motivi per cui amiamo Walter Veltroni in versione giornalista è che quando parla di qualsiasi cosa o intervista chicchessia, in fondo parla sempre di se stesso, come fanno i poeti: “Quando Pioli giocava io ne apprezzavo l’eleganza, il tocco di palla raffinato, la correttezza. Se dovessi dire un difetto che mi sembrava avesse, era forse la mancanza di cattiveria. Se poi è un difetto, nel calcio come nella vita”. Lo lasci dire a chi se ne intende: è un difetto. (Soprattutto in politica, a dire il vero, ma non è il caso di stare a inzigare). Comunque, quello era l’attacco dell’intervista realizzata da WV sabato a Stefano Pioli per il Corriere dello Sport-stadio.

 

Una bella intervista, diciamolo, da cui vien fuori il ritratto di un bravo tecnico, di una brava persona, di un lavoratore che non se la tira. E quando dice “nella mia stanza da bambino, c’erano il poster di Mazzola e quello di Cruijff”, gli vorremmo bene anche se ne avesse perse sette su sette. Poi c’è questa risposta: “Il Trap mi ha migliorato anche dal punto di vista tecnico. Mi ha fatto così tanto calciare col mio piede debole, che era il sinistro, che io poi, nella mia carriera, mi sono potuto definire benissimo un ambidestro”. Ecco: facesse lo stesso col destro di legno di Kondogbia, e lo ameremo tutta la vita.

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