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Nevia

<p>Di Nunzia De Stefano, con Virginia Apicella, Pietra Montecorvino, Rosy Franzese, Simone Borrelli</p>

Mariarosa Mancuso
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Cosa distingue “Nevia” dal solito film sulle periferie depresse, con la gente che vive nei container e il circo che sembra l’unica via d’uscita, perché almeno bisogna sognare? Primo, viene dall’autobiografia della regista, cosa che una certa differenza sempre la fa. Dopo il circo, a salvarla è stato il lavoro di consulenza per Matteo Garrone che stava girando “Gomorra”. Secondo – la vita vissuta, da sola, non serve a niente – un lavoro che ha pescato nei ricordi della regista debuttante e ne ha fatto un copione (leggi: interessante anche per chi non si commuove per le periferie, non si commuove per le ammucchiate famigliari a Ponticelli e non si commuove neppure per il circo, anzi lo trova tristissimo). Quanto abbia contribuito l’ex consorte Matteo Garrone – di “Nevia” è il produttore – di preciso non si sa, e neppure interessa. Si impara rubando in qualsiasi mestiere, e il cinema lo è più di altri. L’arte lasciatela da parte, che per carità non si metta d’impiccio. Nevia vive nelle baracche dopo il terremoto, la nonna affitta il tugurio alle prostitute, a 17 anni strigliare i cavalli le sembra il paradiso.

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