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Cuori puri

<p>Regia di Roberto De Paolis, con Selene Caramazza, Simone Liberati, Barbora Bobulova, Edoardo Fresi</p>

Mariarosa Mancuso
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Auguriamo naturalmente incassi stratosferici, all’altezza delle critiche lusinghiere. Però ancora non siamo riusciti a identificare lo spettatore modello che dovrebbe mollare il divano di casa o la spiaggia per pagare un biglietto, dopo aver letto “il migliore esordio italiano” e “un film che trasuda sensualità”. Nel cinema nostrano il cielo è sempre grigio e coperto, ed è sempre neorealismo, e son sempre periferie - romana, in questo caso, ma non chiassona né colorata di fucsia, né fornita di vecchie con l’alzheimer che dicono “il teatro è importante ma la fregna di più” come accade in “Fortunata” della premiatissima ditta Castellitto & Mazzantini. Potremmo pure farci l’abitudine, ormai. Non si fa mai abitudine invece a quel tipo di cinema che con la scusa di osservare gli emarginati e gli svantaggiati non regala mai una trama, un colpo di scena, un’inquadratura secondo le regole, attori forniti di solido mestiere e quindi capaci di ravvivare copioni mediocri, registi che raccontino storie meno pasoliniane (PPP almeno le periferie le frequentava). “Cuori puri” comincia con primi piani strettissimi, e siccome ognun sa che sullo schermo “il primo piano è l’arma più forte” ci si chiede come il film potrà andare avanti, dopo aver inquadrato una ragazza che fugge e un giovanotto che la insegue. Lei ha rubato un cellulare (sapremo dopo che la severissima madre gliene ha sequestrato uno, per via di certi messaggi scambiati con un ragazzo). Lui è l’anti-taccheggio del supermercato, immediatamente retrocesso a guardiano di parcheggio con vista su un campo rom. L’acchiappo riesce, sono vicini e ansimanti, aspettiamo che succeda qualcosa di carnale - dopotutto siamo al cinema, deve succedere qualcosa - e invece niente. Ognuno torna alle proprie occupazioni: lei sceglie su internet l’anello della verginità - i Cuori Puri, appunto. Lui aiuta i genitori sotto sfratto che andranno a vivere in una roulotte. Il prete fa le sue prediche, la mamma fa la volontaria aiutando gli immigrati, i due si incontrano di nuovo quando il film - 114 minuti, ci potrebbe stare dentro un mondo, non una sfumatura di noia dopo l’altra - quasi è arrivato alla fine.

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