QUASI AMICI

Mariarosa Mancuso

    A dicembre, quando lo scoprimmo – con il titolo originale “Intouchables” – aveva totalizzato in Francia 12 milioni di spettatori. Niente male per due registi che fino ad allora viaggiavano attorno ai cinquecentomila biglietti, a patto di avere nel cast attori famosi. Stava su tutte le copertine, gli odiatori del cinema che incassa avevano già scritto i loro pezzi velenosi, c'era la possibilità che battesse gli incassi di “Bienvenue chez les Ch'tis”, campione francese secondo solo al “Titanic” di James Cameron. Successo meritato, per un film che racconta un tetraplegico miliardario e il suo badante nero cresciuto nella banlieue. I due girano in Maserati, e chissenefrega se non è attrezzata come il pullmino. Al tuttofare non par giusto che uno con tanti soldi, dopo un maledetto incidente con il parapendio, debba salire dallo sportello posteriore come i cavalli.

    Il vero Philippe Pozzo di Borgo, discendente da un'aristocratica famiglia còrsa, racconta nell'autobiografia di aver provato un'altra volta lo sport estremo, all'insaputa della moglie e dei figli. In Italia la pubblica con tempismo Ponte alle Grazie, con il titolo “Il diavolo custode”: dettata faticosamente al registratore, mandando un pensiero commosso a Jean-Dominique Bauby, che poteva muovere solo una palpebra e una lettera alla volta ha composto “Lo scafandro e la farfalla” (adattato per il cinema da Jiulian Schnabel, quando sapeva scegliere le storie). Basta per certificare la cocciutaggine del personaggio, che quando sceglie chi lo dovrà assistere giorno e notte rifiuta i professionisti. E' una delle scene più belle del film.

    Vediamo sfilare i richiedenti provvisti di referenze, e ognuno pronuncia con tono suadente almeno una frase odiosa: c'è chi insiste con “la vita è bella nonostante”, quello mosso dai soldi, quello che a vedere le sofferenze gli brillano gli occhi. La scelta cade su un giovanotto senza arte né parte, che prende posto in anticamera solo per farsi respingere e continuare a percepire l'assegno di disoccupazione. Già si parla di remake, americano e forse anche italiano. Affare rischioso: i due registi e sceneggiatori, gli attori François Cluzet e Omar Sy, sono sempre miracolosamente in bilico tra il cinismo e la commozione, tra lo stereotipo (anche sui miliardari, non solo sui neri) e il guizzo intelligente. Basta poco perché il castello di carte crolli.