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L'ultima fatica

Devoto, placato, pacato e mai ascetico. Così è Giovanni Lindo Ferretti nel suo nuovo libro

Stefano Pistolini

Un po’ autobiografia, un po’ confessionale, in "Óra. Difendi conserva prega” l'artista parla soprattutto di spiritualità, ma anche di famiglia-eterno rifugio e altrettanto di geografia, in quel continuo susseguirsi di fughe e ritorni, dalla montagna alla città, dalle estremità conosciute al ritorno all’eremo. Il "prete" è ancora qui

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Divergenze nell’Emilia profonda. A suo tempo Vasco Rossi ci informò che la vita che viviamo di senso non ne ha, ma che comunque il domani arriverà lo stesso. Fatalismo anarchico, si direbbe. A distanza di tempo, sull’argomento arriva la replica del corregionale Giovanni Lindo Ferretti, già cantore di Cccp, Csi e Per Grazia Ricevuta, fautore di un insuperato materialismo metafisico, che dal suo confortante ritiro meditativo in Lunigiana ci fa pervenire un agile libretto “Óra. Difendi conserva prega(Aliberti) in cui spiega che il senso può ben esserci, ma che per arrivare a sfiorarlo, la preghiera è il migliore strumento disponibile. La nuova fatica editoriale di Lindo, a patto di sapersi muovere tra i solenni monumenti disseminati nel suo pensiero, è un libro che scalda il cuore. Un po’ autobiografia, un po’ confessionale del percorso nella “valle di lacrime”, parla prima di tutto di spiritualità, ma anche di famiglia-eterno rifugio e altrettanto di geografia in quel continuo susseguirsi di fughe e ritorni, dalla montagna alla città, dalle estremità conosciute, al ritorno all’eremo.

 

“Non so quando ho ricominciato a pregare. L’ho fatto così, perché mi s’allargava il cuore e che altro potevo fare?”, racconta appassionatamente Ferretti, aggiungendo: “Quando prego poi sto bene, comunque meglio”. Pregava nella sua infanzia favolistica e lo faceva da chierichetto di paese, poi ha smesso, rapito, quando ha cominciato a cantare e a bestemmiare, ed è partito alla scoperta del mondo. Fin quando poi non si è convinto che tutto è vanità e che, sia pure nei panni dell’artista, non poteva sottostare al ciclo del “produci, consuma, crepa” e che allora preferiva far sua un’altra triade, quella dell’ultimo Pasolini poeta, “difendi conserva prega”, presente sul frontespizio di questo libro. Ha ricominciato a pregare un giorno sulla sua R4 rossa, mentre tornava alla casa sui monti, dopo una prova musicale coi Cccp venuta bene. Gli sono risalite delle parole “Madre di Dio e dei suoi figli, Madre, oh Madre” e ha cominciato a salmodiare guidando da solo, e poi non ha più smesso. E’ stata la rivincita del sacro sul profano di cui si pensava lui fosse alfiere, al centro di quei famosi palcoscenici.

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Adesso è passato tanto tempo, Lindo vive un’esistenza solitaria nella casa avita che è parte di lui e dove ha costruito un altare. Ed è un po’ come se tutto si fosse rimischiato e mentre parla – scrive, in effetti, ma quando parla è lo stesso – s’inframmezzano senza soluzione riflessioni ripescate nel passato, confutazioni del presente, la contemplazione del percorso affrontato e una cascata di versetti religiosi, ordinati o sparsi, strappati da preghiere compiute o riaffiorati dal passato, dall’infanzia, dai preti del paese, dalla nonna carissima e insostituibile. A questa riconciliazione Giovanni Lindo ha adattato il resto della vita, affidandosi all’amore di Dio che lo rialza e, tramite i sacramenti, alla Chiesa cattolica, perché “senza un sacerdote non si va da nessuna parte”.

 

In queste pagine, redatte a un passo dai 70 anni, Ferretti appare devoto, pacato e placato – ma non ascetico, piuttosto curioso di riascoltare i propri dischi, a sorpresa restandone stregato, commosso, confuso, convinto che la preghiera già ci fosse là. E comunque ancora connesso col mondo lontano eppure dattorno, affascinato dal mistero della vita e sicuramente divertito dall’idea di pubblicare questo iperbolico breviario, nelle cui pagine lascia cadere foto del suo album di famiglia e delle diverse fasi della sua vita. “Me ne devo andare, devo respirare sui monti a camminare” cantava in una vecchia canzone dei PRG e oggi rallegra constatare che Ferretti sia ancora nell’aria, in sospensione, con la sua voce e coi suoi pensieri liberi. A “X-Factor” qualche sera fa, un gruppo di teenager in gara s’è presentato con una sgangherata versione di “Curami” dei Cccp. Prima del verdetto, i giudici hanno chiesto perché avessero scelto proprio quel pezzo. “Me l’ha fatto sentire mio padre e all’inizio lo odiavo”, ha risposto uno di loro. “Ferretti mi sembrava un prete, ma poi l’ho capito”. Ebbene, eccolo il “prete”, è ancora qui. Amministra prediche e non attende repliche. I fedeli lo saluteranno, chinando il capo in affettuoso silenzio. Come non si può rispettarlo e amarlo – sentendo distintamente perfino il ticchettare di quel tarlo mistico che tanto gli sta a cuore?
 

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