Elvis Costello nel 2018. Foto Matt Licari/Invision/AP, File 

Il 32esimo album della torrenziale carriera di Elvis Costello

Stefano Pistolini

Rieccolo. A 67 anni pubblica “The Boy Named If”, un ritorno alle origini in cui canta e suona a meraviglia

Se c’è un uomo chiamato Inquietudine, quello è Elvis Costello. Con la sua frenesia di diventare il più bulimico musicista a cavallo dei millenni, suonando e componendo tutto, jazz, country, vaudeville, R&B, musica da camera, rielaborazioni supercool degli standard del Novecento, Elvis è diventato un artista ammiratissimo ma ha seppellito sotto 45 anni di carriera quegli esordi che furono brucianti. Chi ha la fortuna di ricordare l’apparizione del disco a quadrettini della Stiff intitolato “My Aim is True”, voluto in pieno ’77 dal visionario Jake Riviera, sa di cosa si sta parlando.

 

   

All’epoca Costello era la clamorosa combinazione di un agitato spirito punk con una fervida scrittura d’autore, generata dalla siderale accumulazione giovanile di concept musicali che schiacciavano assieme George Jones e Joe Strummer, Graham Parker e Allen Toussaint, la Stax e una valanga di musica classica. L’idea fu elementare: assumere il nome d’arte spudoratamente citazionista inventato da Rivera e suonare rock’n’roll anfetaminico e romanticissimo, cantato di gola e con assoli di chitarra lunghi 4 battute e pochi secondi. Una sensazione! Beh, adesso, a inizio 2022, eccolo qui resuscitato proprio quel Costello, l’originale, con una band che sono i suoi Attractions con la sostituzione del bassista Bruce Thompson, ma soprattutto sempre con l’enciclopedico Steve Nieve seduto dietro alle tastiere accuratamente vintage.

   

  

“The Boy Named If”, 32esimo album della torrenziale carriera di Costello, è un ritorno alle origini praticato all’età di 67 anni, con la capacità di rivitalizzare i suoni petulanti, nervosi e sentimentali che lo fecero esplodere agli inizi. Il bello sta nella convinzione con cui il progetto viene realizzato: Costello canta e suona a meraviglia e i suoi lo seguono con lo stesso impeto degli inizi e per questa strana magia il sound è quello, scintillante, cinetico, del tutto londinese, zompettando da melodie seducenti, ballate struggenti e chitarre che uccidono i fascisti, come quelle di Woody Guthrie e Billy Bragg. Niente che suoni falso, autoconsolatorio, revivalista: Elvis Costello e i suoi sono capaci di suonare così d’istinto, si direbbe, dopo tanto vagabondare fra tutte le ipotesi musicali contemplabili.

        

Ma c’è un antefatto a questa produzione inattesa, perché già da tempo Elvis si aggira nel suo passato, ovvero tra quei sei, sette dischi successivi al debutto che segnarono il suo periodo di scrittura più diretto e naturale: l’anno scorso ha elaborato una bizzarra versione spagnola di “This Year’s Model”, il suo disco del 1978, e quella dev’essere stata la scintilla: riscoprire la verve di quel suono, la sua natura inedita e potente, prima degli appetiti musicali che l’avrebbero presto trasformato in un maestro onnivoro.

    

   

Così, nel giro di pochi mesi, Costello è tornato sul luogo del delitto, con 13 pezzi nuovi in quello stile, in cui risuonano echi di “Imperial Bedroom”, “Blood and Chocolate” e “King of America”, suonando con la stessa convinzione e preparando la più inattesa delizia per i suoi fans. La scaletta non ha alti e bassi ma un’energia costante, la voce di Elvis è senza età, sia nel panni del crooner che del bad boy, il lavoro di gruppo è stupefacente, se si pensa che il disco è stato realizzato in regime di pandemia, ovvero con registrazioni a distanza, ciascuno a casa propria. Il contributo del piano e dell’organo di Steve Nieve è di livello assoluto e merita ascolti dedicati, mentre la coproduzione di Sebastian Krys porta l’album sempre nella direzione dell’asciuttezza.

 

Esiste una versione deluxe dell’album, completata da un libro di 88 pagine scritto e illustrato da Costello col titolo “The Boy Named If and Other Children’s Tales”, che ovviamente non è una cosa per bambini, ma raccoglie schizzi e racconti in puro stile-Costello, a base di tradimenti, violenza, vizio e lussuria, il solito campionario nel quale la fantasia dell’autore si aggira famelica.

 

In sostanza in tutto il lavoro c’è abbastanza sapienza e malizia, da risvegliare amori ormai sopiti per un personaggio che non teme imitazioni. Che poi sarà lui stesso a fregarci al prossimo giro, imboccando chissà quale cervellotico progetto, inseguendo l’ultima chimera della sua sete di musica, è pressoché certo. Costello non ripete, l’abbiamo imparato, anche se purtroppo è stato tutto a nostre spese.

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