Amadeus (foto LaPresse)

Non poter essere Pippo Baudo. Amadeus tra “angeli e demoni”

Marianna Rizzini

Come fare a condurre Sanremo quando non si può contare su credito, area, contesto, contatti, equilibri

Roma. L’immagine – della desolazione o della consolazione – pare ormai questa: Amadeus, già dj e conduttore de “I soliti ignoti” nonché prossimo conduttore del Festival di Sanremo, che se ne va in macchina solo soletto con l’autista da Milano alla Liguria, sostenuto a distanza da Fiorello. Lo sfondo, della desolazione e non della consolazione, pare quest’altro: un “Dieci piccoli indiani” applicato al festival della canzone, programma-pilastro di Rai1, in cui ogni giorno c’è qualcuno che se ne va (Monica Bellucci) o che non arriva (Michelle Obama) o che potrebbe essere cacciato (il rapper Junior Cally, quello della canzone sessista e violenta di due anni fa e della canzone pare antisovranista di quest’anno) oppure che arriva, ma dopo aver suscitato polemiche: Rita Pavone, per sospetto sovranismo, o Rula Jebreal, per via della linea politica di sinistra senza compensazione a destra, o Francesca Sofia Novello, la modella e valletta cui incautamente Amadeus ha associato il famoso e famigerato “passo indietro” rispetto al già fidanzato Valentino Rossi.

 

Ed è chiaro che, a questo punto, per evitare che comunque vada sia un insuccesso o che il Sanremo di Amadeus faccia pericolosamente da specchio, per livello di pur volenterosa approssimazione, all’Italia in cui agli Esteri siede il capo politico quasi-uscente del M5s Luigi Di Maio, non basta l’intervento di Nicola Zingaretti e di Matteo Salvini, resi per una volta concordi dal “niet” al suddetto rapper. Serve altro, molto altro. Servirebbe cioè forse quello che Amadeus, a differenza di molti conduttori-predecessori, non ha al momento dietro alle spalle: una salda area di credito-riferimento (potere, ma soprattutto equilibri che si reggono su altri equilibri). Perché Amadeus non può essere, al momento, né un Pippo Baudo nell’Italia pre e post andreottiana (un Pippo Baudo che di suo gestiva in prima persona relazioni e reazioni) né un Claudio Baglioni né un Gianni Morandi, che potevano vantare non soltanto la voce ascoltata presso i discografici ma anche il potere di suscitare ammirazione-emulazione-speranze presso i cantanti emergenti (come dire no a uno di quei due?). Neanche può essere il Fabio Fazio riconoscibile come conduttore impegnato, Amadeus (non per niente Fazio, nel 1989, portò a Sanremo il Premio Nobel per la pace Mikhail Gorbaciov), né un conduttore pop alla Raffaella Carrà, anche se c’è chi ha fatto notare che l’ex dj potrebbe quest’anno indossare abiti dello stilista Gai Mattiolo, colui che un tempo ha vestito la conduttrice, cantante, ballerina e mito nazionale – e pazienza se anche Carrà è stata data per possibile co-conduttrice.

 

Sanremo come “Dieci piccoli indiani” e come specchio dell’Italia del Conte bis, Sanremo con Lucio Presta dietro le quinte e senza Gorbaciov sul palco, Sanremo dove persino la giacca del conduttore provoca paragoni
a suo sfavore con Raffaella Carrà, Sanremo mai così temuto da Viale Mazzini

 

Fatto sta che le giacchette di Amadeus con bottone-gioiello non potranno, in questo momento, impedire che il conduttore, anche senza responsabilità personale particolare, si trovi nella terra di mezzo tra angeli e demoni, per dirla col critico televisivo Aldo Grasso, che qualche giorno fa, in un video sul sito del Corriere della Sera, ha così descritto la situazione dell’uomo che ogni sera fa capolino davanti a concorrenti intenti a indovinare chi sia il fratello o la sorella del cosiddetto “ignoto numero 3 o 4 o 5”: “… il conduttore dovrebbe stare attento a non saturare troppo la sua immagine che, in questo periodo, appare in qualsiasi momento della giornata in tv. Ma nel pre-Sanremo c’è anche tanta ipocrisia e ci sono due angeli: uno bianco e uno nero, Fiorello e Lucio Presta”.

 

Ed ecco che si materializza, anche fuori dai corridoi Rai, la figura dell’uomo che più viene nominato quando si cerchino informazioni su ciò che succede nel pre-festival e fiore all’occhiello Rai. Lucio Presta, dunque, cioè uno dei due agenti-plenipotenziari del regno unico dell’etere, pur diviso in sotto-regni (l’altro è quello di Beppe Caschetto): e c’è chi dice, in Viale Mazzini, che la presenza dietro le quinte dell’agente di Amadeus, con contorno di persone riconducibili a suoi suggerimenti, sia motivo di tensione, nel pasticciaccio del pre-festival, molto più del recente avvicendamento alla direzione di Rai 1, dove l’ex direttore Teresa De Santis, giunta al vertice della rete ammiraglia ai tempi del governo gialloverde, è stata sostituita dall’ex direttore di Rai 3 Stefano Coletta, nominato al vertice della rete ammiraglia in tempi di governo giallorosso. Tuttavia negli ultimi giorni c’è chi, nei corridoi medesimi, a margine della polemica collaterale sull’interventismo o non-interventismo del presidente Rai Marcello Foa e dell’ad Rai Fabrizio Salini, ripete a oltranza che Amadeus è stato scelto per il dopo Baglioni sotto la direzione di De Santis, e chi, in fase di appeasement, sottolinea che le “scelte di Amadeus sono di Amadeus”, conduttore che ora, come scrive il quotidiano Repubblica, gode della stima del nuovo direttore Coletta.

 

E, nel rimescolamento di carte mediatico che riflette le montagne russe politiche dell’Italia del Conte bis, spunta di nuovo Presta, in qualità di uomo di tv che ha curato le scene dell’ultima kermesse renziana alla Leopolda: c’è infatti anche chi, in Rai, vede in questo un filo rosso con la presenza a Sanremo di Rula Jebreal, che alla Leopolda ha portato un contributo d’opinione. E però c’è anche chi vede un filo rosso uguale e contrario, dice un insider, “tra le critiche continue a Presta e la saudade politica per i conduttori alla Fabio Fazio” (che è dell’altra scuderia, quella di Caschetto). Tuttavia il clima da “lotta tra fazioni tipo ragazzi della via Pal”, come la definisce un dirigente Rai, potrebbe anche “non esistere se non nelle dietrologie”, e, come afferma un veterano osservatore di Sanremo, poggiare altresì su questioni più prosaiche, come la cosiddetta “questione-costumista”. Si narra infatti dell’insorgenza di polemiche aggiuntive, con tanto di insurrezione degli autoctoni Rai, a proposito dell’idea, riconducibile all’area Presta, di una professionista esterna per il settore costumi, conclusasi con un nulla di fatto e con la scelta finale dell’interna Rai Simonetta Innocenti. Come se ne esce, in giorni in cui la vecchia massima salvatutto “perché Sanremo è Sanremo” sembra diventata materiale d’archivio, mentre infuria il paragone tra chi si defila dal festival musicale, tipo Jovanotti che va a fare in bici il giro del Perù, e chi nel festival politico vuole rientrare, tipo Alessandro Di Battista che parla ai Cinque Stelle dall’Iran? Sono solo canzonette, forse, ma dopo la storia del rapper non si può più dire neanche quello.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.