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il foglio della moda

Mai nato, mai davvero morto

Angelo Flaccavento

Come fare moda di riuso dall’aria attraente ispirandosi a Lavoisier. Il progetto del collettivo Morphine

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La moda produce talmente tanto che il riutilizzo dell’esistente sarebbe l’unico modo per renderla vagamente etica, al di là di greenwashing e facili proclami. Eppure, nel bricolage del riuso, che oggi si chiama upcycling ma che pur sempre conserva un che di pauperistico, rimane qualcosa di profondamente disturbante per il sentire comune: gli abiti smessi, fatti a pezzi, trasformati, rimessi insieme, in genere non invogliano affatto, troppo simili come appaiono a quelli ceduti a titolo caritatevole ai bisognosi. O forse no? Il riciclo mantiene vivo lo spirito della ribellione, ecco; è una celebrazione delle proverbiali pezze al culo, e non a caso origina nella cultura britannica del make, do, mend di ascendenza punk e post punk, come promosso dai pionieri Christopher Nemeth e Judy Blame.

  

Da lì, è passato di peso nell’ethos brutalista di Martin Margiela ed è infine penetrato nella coscienza degli “eletti della moda”. Non proprio tutti, eletti. Pensano proprio a Nemeth & Co, ovvero al collettivo di disperati creativi che nel 1986 diede vita a The House of Beauty and Culture, insieme atelier e squat ai confini est di Londra, Tommaso Vaiani e Macs Iotti, co-fondatori di Morphine, articolato progetto nato nel 2018 da una bruciante passione per la moda di ricerca. Morphine è molte cose insieme, riunite in una piattaforma online: una branca consiste proprio nell’upcycling, espresso attraverso una serie di pezzi unici molto lavorati, venduti direttamente al cliente per assicurare snellezza di procedure e penetrazione di progetto, e anche un prezzo congruo, mai superiore ai duemila euro.

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“Morphine è un hub di cultura della moda” racconta Iotti, art director: “La nostra idea è di promuovere tutto ciò che è unico, raro, speciale. Abbiamo preso il nome dal privè del nightclub Cocoricò di Riccione, dove negli anni Novanta l’apparire assurgeva a livelli estremi di sperimentazione e dove, per inciso, Tommy e io ci siamo incontrati”. Aggiunge Vaiani, che dei due è il designer: “Il punto di partenza è stato il vintage, e da lì ci siamo mossi verso l’upcycling. Morphine oggi è una piattaforma che vende pezzi rari di designer che ammiriamo, ossia una selezione curata di guardaroba personali dei quali andiamo a caccia per il mondo, e poi pezzi unici upcycled che sono il frutto del nostro atelier nostrano, e riviste rare, vintage anch’esse”.

 

Sul sito di Morphine campeggia un manifesto programmatico che tinge tutta l’impresa, a sorpresa, di una spiritualità orientale che seppur incongrua ben definisce un percorso il cui fulcro sta nel paradosso: never born, never died, che poi altro non è se non il principio di Lavoisier per cui nulla si crea o distrugge e tutto si trasforma. “Tutto davvero si trasforma nel nostro mondo” aggiunge Vaiani, la cui conoscenza del distretto pratese, la landa italica nella quale processi alchemici trasformano stracci in cose preziose, è il veicolo primario della evoluzione di Morphine. “Tutto parte dalla materia, e da una ricerca estensiva. Creiamo il nuovo senza dover produrre nulla di nuovo. C'è sempre un magazzino di ricami da visitare, uno stock di filati da recuperare, e il lavoro stilistico origina da lì”. Morphine presenta i propri prodotti attraverso proposte cadenzate e tematiche sul sito, di fatto operando come un brand. L’idea stessa del brand, però, viene stravolta: ciò che è nuovo, infatti, deriva dalla trasformazione artigianale degli avanzi, mentre le produzioni seriali sono sostituite con pezzi unici che superano le tradizionali barriere di genere e stagione.

  

L’unicità, per loro, è plus indiscusso, in tempi di prodotti alquanto generici nonostante i cartellini griffati. “Le forme su cui lavoriamo sono estremamente semplici, direi quasi vacanziere, o comunque stradaiole: bomber, bermuda, tshirt, camicie, jeans. Questo crea un contrasto tra l’evidente artigianalità e la facilità d’uso dei pezzi. Questo, anche, favorisce (che vi si avvicini) un pubblico trasversale”. Provengono da stock non solo i materiali, ma anche i colori. La sovratintura irregolare su jersey e cotoni è infatti il risultato di un processo di riciclo dell’acqua e del colore messo a punto dalla Stamperia Castelnuovo di Prato. “Pensiamo a Morphine come a un opus collettivo”, conclude Iotti, “rifiutando la retorica autoriale tipica della moda. Questo a nostro avviso accresce il senso di unicità e sottolinea la circolarità dell’impresa, alla quale uniamo progressivamente menti e mani a noi affini”.

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