PUBBLICITÁ

Editoriali

Ma che ne sanno i francesi di moda?

Redazione

La ridicola indignazione della stampa italiana per punzecchiature di serie B

PUBBLICITÁ

Fossimo un paese maturo, ci congratuleremmo per essere riusciti a organizzare una settimana della moda che, miracolosamente, ha un numero di sfilate in presenza superiore a quello di qualunque altra, e saremmo orgogliosi del presidente di Camera Moda, Carlo Capasa, per aver già inanellato milioni di “views” online e messo a sedere centinaia di ospiti ai ventitré show in presenza. Invece soffriamo di complessi di inferiorità dai tempi di Luigi XIV, per cui ci rodiamo il fegato se la titolare “de la rubrique mode” del Figaro, con il suo curriculum modestissimo che siamo andati a controllare, scrive di “un disastro annunciato” delle nostre presentazioni e senza averne potuta vedere mezza, se non in via digitale. Ce lo rodiamo a tal punto, e così grottescamente, che invece di segnalare ai grandi editori francesi che se proprio il nostro sistema è così disastroso non avranno sicuramente più bisogno della nostra pubblicità e chiudere la faccenda nello stile di Bernard Arnault con Tiffany, ieri mattina la stampa italiana è corsa dall’ex ministra Mariastella Gelmini a chiederle di lavare l’onta con parole adeguate, e lei le ha dette tutte, innalzando senza rendersene conto la poverina d’oltralpe al ruolo di analista internazionale, modello McKinsey.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Fossimo un paese maturo, ci congratuleremmo per essere riusciti a organizzare una settimana della moda che, miracolosamente, ha un numero di sfilate in presenza superiore a quello di qualunque altra, e saremmo orgogliosi del presidente di Camera Moda, Carlo Capasa, per aver già inanellato milioni di “views” online e messo a sedere centinaia di ospiti ai ventitré show in presenza. Invece soffriamo di complessi di inferiorità dai tempi di Luigi XIV, per cui ci rodiamo il fegato se la titolare “de la rubrique mode” del Figaro, con il suo curriculum modestissimo che siamo andati a controllare, scrive di “un disastro annunciato” delle nostre presentazioni e senza averne potuta vedere mezza, se non in via digitale. Ce lo rodiamo a tal punto, e così grottescamente, che invece di segnalare ai grandi editori francesi che se proprio il nostro sistema è così disastroso non avranno sicuramente più bisogno della nostra pubblicità e chiudere la faccenda nello stile di Bernard Arnault con Tiffany, ieri mattina la stampa italiana è corsa dall’ex ministra Mariastella Gelmini a chiederle di lavare l’onta con parole adeguate, e lei le ha dette tutte, innalzando senza rendersene conto la poverina d’oltralpe al ruolo di analista internazionale, modello McKinsey.

PUBBLICITÁ

 

 

PUBBLICITÁ

Intanto la stampa nazional-offesa ha scritto stizziti commenti contro Vanessa Friedman del New York Times, che ha twittato a proposito della ressa che le sembrava di vedere dalle immagini milanesi. E si è opportunamente distanziata negli headquarter di Tod’s attorno a Diego Della Valle, per avere soddisfazione anche da lui. E per fortuna Ddv, sempre più saggio e pacato, ha gettato acqua sul fuoco, dicendo che la poverina è una brava ragazza, che con le multinazionali francesi le cose vanno benissimo dunque di non immaginare chissà quali dietrologie su prossimi acquisti di aziende, che anzi per l’Italia questo è un buon momento per crearne di nuove. La muta, contentissima stampa nazional-offesa ha chiuso i coltelli a serramanico e anzi, visto che tutti i grandi stilisti italiani che sfilavano a Parigi presentano a Milano, ha deciso di non valicare più le Alpi la prossima settimana: dopotutto, ci sono solo sedici sfilate in presenza, di seconda categoria.

PUBBLICITÁ