I vincitori del World Press Photo 2020
<p>Tutte le fotografie selezionate nel più importante premio di fotogiornalismo al mondo. Ma per vederle nella canonica mostra itinerante in giro per il mondo quest'anno dovremo aspettare, a causa della pandemia</p>
Un giovane, illuminato da telefoni cellulari, che recita poesie di protesta mentre i manifestanti attorno a lui cantano e battono le mani. È questa la fotografia vincitrice del World Press Photo of the Year, il singolo scatto più significativo nel più importante concorso di fotogiornalismo al mondo. L'immagine è di Yasuyoshi Chiba di Agence France-Presse ed è stata immortalata durante un blackout a Khartum, in Sudan. Lekgetho Makola, presidente di giuria, ha detto che “è importante avere un’immagine che ispiri le persone, soprattutto nel periodo in cui viviamo, pieno di violenza e conflitti”. La mostra itinerante in giro per il mondo, che di solito presenta le foto vincitrici, quest'anno è stata rimandata a data da destinarsi a causa della pandemia di Covid-19.
Le proteste sono iniziate a dicembre 2018 nella capitale del Sudan e si sono diffuse rapidamente in tutto il paese. Ad aprile 2019, i manifestanti avevano organizzato un sit-in vicino al quartier generale dell'esercito a Khartum, e stavano chiedendo la fine del regime trentennale di Omar al Bashir. L'11 aprile, il dittatore è stato rimosso da un colpo di stato ed è stato istituito un governo militare di transizione. Le proteste sono continuate, chiedendo che il potere fosse consegnato a gruppi civili. Il 3 giugno, le forze governative hanno aperto il fuoco su manifestanti disarmati. Decine di persone sono rimaste uccise. Le autorità hanno cercato di disinnescare le proteste imponendo blackout e chiudendo internet. I manifestanti comunicavano allora tramite sms, passaparola o usando megafoni e la resistenza al governo militare è continuata. Nonostante un altro severo giro di vite il 30 giugno, il movimento democratico alla fine è riuscito a firmare un accordo di condivisione del potere con i militari, il 17 agosto.
Il francese Romain Laurendeau ha vinto invece il primo premio per il World Press Photo Story of the Year, dedicato a una storia su una questione di rilevanza giornalistica, con un lavoro sul profondo disagio della gioventù algerina che, osando sfidare l'autorità, ha ispirato il resto della popolazione a dare vita al più grande movimento di protesta in Algeria degli ultimi decenni. I giovani rappresentano oltre la metà della popolazione algerina e, secondo un rapporto dell'Unesco, il 72 per cento delle persone con meno di 30 anni in Algeria è disoccupato. Momenti cruciali della storia algerina, come la rivolta dell'"Ottobre nero" del 1988, hanno avuto origine dalla rabbia dei giovani. La protesta è stato duramente repressa - più di 500 persone sono state uccise in cinque giorni - ed è stato seguito da un decennio di violenza e disordini. Trenta anni dopo, gli effetti di quel periodo sono ancora presenti. In un paese traumatizzato, l'elevata disoccupazione porta alla noia e alla frustrazione nella vita quotidiana e molti giovani si sentono disconnessi dallo stato e dalle sue istituzioni. Il calcio, per molti giovani uomini, diventa sia un'identità sia un mezzo di fuga, con gruppi quasi politici di "ultras" che svolgono un ruolo importante e talvolta violento nelle proteste. In quartieri della classe operaia trascurati come Bab el Oued ad Algeri, i giovani spesso cercano rifugio in diki, luoghi privati che sono "bolle di libertà" lontano dallo sguardo della società e da valori sociali conservatori. Ma il senso di comunità e solidarietà spesso non è sufficiente per cancellare le dure condizioni di vita. Nel febbraio 2019, migliaia di giovani provenienti dai quartieri operai sono scesi di nuovo in piazza in quella che è diventata una sfida nazionale per il lungo "regno" del presidente Abdelaziz Bouteflika.