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Le olimpiadi invernali

Andrea Ballarini

Ogni quattro anni ritornano. Ma non c’è assuefazione. Ogni volta si soffre come la prima volta. Ecco perché bisogna sapere quali frasi fatte bisogna buttare lì come se le aveste inventate al momento

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  • Belle, d’accordo, ma quelle vere sono quelle estive: quelle invernali sono un po’ la serie B.
     
  • Con un nome come PyeongChang anche se le vinci non entrerai mai nella storia.
     
  • Averle caricate di tali e tanti significati politici che se dopo la cerimonia di chiusura le due Coree non tornano insieme, saranno ricordate come un fallimento.
     
  •  In fondo a Trump  un po’ è dispiaciuto che Kim Jong-un abbia fatto delle aperture: quando gli ricapita la possibilità di lanciare un’atomica prima delle elezioni di mid-term?
      
  • Trovarsi a seguire la finale del curling sarebbe come guardare il nonno giocare a bocce con i suoi amici. Dissentire da sé stessi.
      
  • Prefigurarsi i commenti: stolidamente tronfi in caso di vittoria; insopportabilmente lamentosi in caso di sconfitta. In ogni caso, deprecare.

  • Considerando che la temperatura media sarà intorno ai 18, 20° sottozero, una cerimonia di inaugurazione di cinque ore può essere considerata un tentativo di strage. Convenirne.

  • La sorella di Kim Jong-un seguirà la cerimonia di apertura, Ivanka Trump quella di chiusura. Mai avrei pensato che avremmo evitato la catastrofe nucleare perché due squinzie potessero fare shopping al duty free.

  • Considerare che, stante il carattere di Kim Jong-un, non si sarebbe troppo felici di far parte della nazionale intercoreana di hockey: se perdi quello è capace di farti sparare con un cannone. Convenirne.

  • Notare che gli atleti italiani saranno dotati di una giacca lunga imbottita di Armani sul cui risvolto interno, dal lato del cuore,  è stampata la prima strofa dell’inno di Mameli. Valutare se dire che costruivamo già gli acquedotti quando quegli altri si dipingevano ancora la faccia di blu.
      
  • Non avere capito bene se PyeongChang e Pyongyang siano la stessa cosa.
      
  • Tifare indiscriminatamente gli atleti russi che partecipano a titolo personale. Chiedersi quanto velocemente staranno girando a Putin.

  • Evitare di gufare sul numero di medaglie che vincerà l’Italia.

  • Se si viene colti dalla fidanzata/moglie a guardare alle tre e mezza del mattino qualche canale ultralocale con una sgallettatata in guêpière, difendersi adducendo la necessità di sapere senza por tempo in mezzo chi vincerà la finale di biathlon che sta giusto per cominciare.

  • Tomba era sì un coatto, ma almeno era divertente. Adesso sanno tutti il congiuntivo ma non si ride più.
       
  • Ogni volta che si vede una gara di sci rievocare l’esilarante parodia di Gustavo Thoeni di Felice Andreasi. Paludire.
       
  • Qualche sera fa sono andato a vedere una rissa ed è scoppiata una partita di hockey. (Ronald Dangerfield)
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