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lettere al direttore

Hamas non combatte per i palestinesi, ma solo per distruggere Israele

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - “Che cosa rappresenta per gli ebrei lo stato d’Israele? Innanzitutto, la fine di duemila anni d’esilio. E poi la certezza che, qualunque cosa succeda, c’è un luogo al mondo dove si sarà sempre accolti, dove non ci sarà mai l’antisemitismo” (Elena Loewenthal, “Gli ebrei questi sconosciuti”, 1996).
Michele Magno

   


  

Al direttore - E’ impossibile trattare con Hamas per una ragione elementare che sta a monte di tutto: per trattare bisogna essere in due, ma Hamas non ha nessuna intenzione di farlo. Hamas ha compiuto la strage del 7 ottobre e da  ancor prima di quella data sta bombardando con missili tutto il territorio israeliano. Queste aggressioni non sono episodi occasionali: i “general principles of politics” pubblicati nel 2007 da Hamas affermano che “l’istituzione di Israele è del tutto illegittima”, che il “progetto sionista è razzista, oppressivo, coloniale e espansionista”, che “nessuna parte del territorio palestinese debba essere violata o comunque debba esserci riconoscimento alcuno della legittimità della entità sionista”. Per evitare equivoci, l’articolo 7 dello Statuto richiama quello che ha detto Maometto: “L’ultimo giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei e i musulmani non li uccideranno”. Per dirla in termini paleomarxisti c’è’ una perfetta sintonia tra la teoria e la prassi: non appena hanno preso piede alcuni dubbi del governo Netanyahu, “errori in vigilando” dei servizi ed eccessi di dislocazione dell’esercito in Cisgiordania che hanno lasciato sguarniti i confini di Gaza,  Hamas ha lanciato le sue truppe terroriste che hanno fatto una autentica strage e rapito 200 ostaggi, realizzando però un progetto su cui il gruppo dirigente del movimento lavorava da due anni. Aggiungiamo che oltre ai 200 ostaggi rapiti in territorio israeliano Hamas si fa scudo di due milioni di cittadini palestinesi. A suo tempo Hamas ha vinto le elezioni ma successivamente ha eliminato fisicamente i rappresentanti dell’Autorità nazionale palestinese, per cui nella Striscia di Gaza non c’è nessuna  libertà di pensiero e di organizzazione politica. Con un contesto di questo tipo, purtroppo la via è obbligata. Se dopo quello che è successo il 7 ottobre e il crescente lancio di missili Israele non reagisse, determinerebbe la sua crescente divisione interna e poi la sua disintegrazione. Abbiamo piena consapevolezza di tutti i rischi che presenta l’intervento ma il mancato intervento in una situazione nella quale Hamas continuasse a fare il bello e il cattivo tempo provocherebbe una situazione ancora peggiore. Da sempre nel medio Oriente, vige il motto “homo homini lupus”: qualora Israele, come sostiene Floris, si piegasse a una non ben precisata “complessità” e quindi lasciasse Hamas intatta, con il pieno controllo di Gaza, Israele così umiliata, indebolita e divisa,  sarebbe sicuramente esposta – in condizione psicologiche e politiche e militari di estrema debolezza – all’attacco al nord degli Hezbollah che hanno in comune con Hamas, a parte la loro maggiore forza militare, due elementi: l’obiettivo di distruggere Israele e quello di essere un partito (di Dio) che fa politica con le armi. Cioè un partito armato nel senso più pieno del termine. Per di più paradossalmente chi volesse nel contempo salvare Israele, e creare le condizioni, in un lontano futuro, del progetto “due popoli, due stati” dovrebbe proprio eliminare chi, come Hamas, ha in testa e nei suoi comportamenti politico-militari una linea di segno opposto, cioè quella dell’eliminazione dell’unico stato oggi esistente, vale a dire Israele. Ciò detto, non ci sfugge nemmeno che Hamas ha alle spalle da un lato l’Iran e dall’altro lato i servizi russi. Nei suoi discorsi di questi giorni, Biden ha dimostrato di aver capito perfettamente tutto e non a caso ha ribadito il sostegno americano a tre realtà: l’Ucraina, Israele, Taiwan. 
Fabrizio Cicchitto

Bisognerebbe essere chiari sul tema. E dire, con forza, che Hamas non difende la causa palestinese. La causa per cui combatte è un’altra: affermare il diritto a distruggere Israele. Per questo i terroristi uccidono gli ebrei in quanto ebrei. Come ai tempi dei rastrellamenti dei ghetti. Avere memoria significa dire mai più.

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