(foto Ansa)

Lettere

Andare a Londra per rassicurare i mercati e tornare senza Def

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Urge un Defcromista per la maggioranza.
Giuseppe De Filippi 

 

Andare a Londra per rassicurare i mercati rispetto all’affidabilità del governo negli stessi istanti in cui la maggioranza di governo riusciva nella non semplice impresa di farsi bocciare alla Camera il Documento di economia e finanza. A volte, recita una vecchia massima di Winston Churchill, “l’uomo inciampa nella verità, ma nella maggior parte dei casi si rialzerà e continuerà per la sua strada”. Cattivissimo Def!


Al direttore - Risale a Benedetto Croce la tesi del fascismo come parentesi passeggera di una storia che vantava nobili tradizioni: la civiltà latina, l’umanesimo rinascimentale, il Risorgimento liberale. Il filosofo abruzzese vi contrappose l’interpretazione del nazismo come rivelazione di una storia millenaria della Germania caratterizzata dal culto della forza e dell’obbedienza incondizionata all’autorità. Un diverso retroterra in cui si rispecchiava la diversa propensione criminale dei due regimi, assai più marcata e devastante nel caso del nazismo. Quelle di Croce non erano le riflessioni distaccate di un intellettuale. Vi era sottesa l’esigenza di tutelare il futuro dell’Italia sconfitta. Più volte, infatti, egli le espose in esortazioni di natura politica rivolte agli Alleati, come nell’intervento fatto a Roma nel settembre 1944, in cui chiese che l’Italia non fosse punita per la guerra perduta e fosse anzi ammessa come alleata di pari grado fra i vincitori che dovevano stabilire le condizioni della futura pace europea. Croce allora asserì che non si poteva porre l’Italia dei Comuni e di Cavour sullo stesso piano della Germania di Bismarck, di Guglielmo II e di Hitler. La tesi sulle diverse origini storiche del fascismo e del nazismo fu condivisa dalla cultura cattolica, secondo la quale il fascismo non aveva espresso le proprie potenzialità totalitarie grazie agli anticorpi creati dalla tradizione cristiana, diametralmente opposta al “neopaganesimo razzista” del Führer. Tra i principali esponenti di questo orientamento spicca la figura di Indro Montanelli. Dal libro “Il buonuomo Mussolini” (1947) fino ai corsivi sul Corriere della Sera, il giornalista toscano ha raccontato il fascismo come un regime blando, un autoritarismo bonario e paternalista, non privo di alcuni meriti presunti come il ristabilimento dell’ordine dopo le agitazioni operaie e contadine del “biennio rosso” (1919-1920), o come l’instancabile sforzo modernizzatore del paese, testimoniato dai “treni in orario”, dalle paludi bonificate, da impavidi sorvolatori atlantici. Questa lettura del Ventennio ha avuto e ha tuttora grande successo, perché in sintonia e già ampiamente familiare alla maggioranza dell’opinione pubblica. Insomma, mentre una memoria condivisa del passato è impossibile (gli Ignazio La Russa ci saranno sempre), è incomprensibile lo scetticismo con cui è stata accolta l’adesione irreversibile della leader di FdI ai valori della Costituzione e dell’europeismo democratico.
Michele Magno

La vittoria dell’antifascismo è la destra democratica al governo. Chi non lo vuole capire, come ha giustamente scritto Gianfranco Rotondi, è assolto per non aver compreso il fatto.
 


Al direttore - Con Nicola Porro, Lorenzo Castellani e alcuni storici amici della Liberilibri abbiamo acquisito questa benemerita casa editrice libertaria per continuare a “difendere l’indifendibile”, un impegno che ha sempre caratterizzato la sua attività e quella del suo storico animatore Aldo Canovari, che ci ha lasciato in febbraio. Fuor di retorica, Liberilibri ha fatto della relazione tra libri e libertà il proprio nome e quindi la propria missione. Un buon libro, nella nostra prospettiva, non si giudica tanto dallo stile o dal contenuto in sé, quanto dal fatto che segna una differenza, che aggiunge qualcosa di conturbante rispetto all’ordine delle cose, che spinge in direzioni inattese, non sempre giuste, ma che aiutano a pensare attraverso il linguaggio. Il nobile termine “liberale” viene spesso utilizzato, ormai, come una specie di tessuto elastico buono per rivestire ogni tipo di intervento pubblico. Per questo la Liberilibri si ripromette di creare, in senso più ampio, un “catalogo dei liberi”, un luogo culturale in cui le idee intriganti, battagliere e forti che abbiano innanzitutto a cuore la libertà individuale, contro ogni coercizione, possano avere una casa. Un argine o una sfida, almeno nelle intenzioni, a quello che consideriamo il totalitarismo bonario che flessuosamente, rivestito da una patina zuccherosa e vittimista, s’insinua nella nostra lingua prima e nelle nostre teste dopo.
Michele Silenzi 

In bocca al lupo!

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