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lettere al direttore

Caro Conte, col Jobs Act un milione di posti di lavoro, “graduidamente”

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Al congresso della Cgil, esibendosi davanti a un migliaio di sindacalisti, l’avv. prof. Giuseppe Conte ha dato prova del “giovanile incanto” dei suoi studi giuridici affermando che l’orario di lavoro è ancora disciplinato da una legge del 1923, dimenticando le profonde modifiche apportate dalla contrattazione collettiva, nonché la riforma intervenuta con dlgs n. 66 del 2003.
Giuliano Cazzola

 

Basterebbe leggere i report di Bankitalia per capire che il Jobs Act, caro Conte, che è una riforma a costo zero, “graduida”, ha contribuito, semplicemente, a creare, “graduidamente”, un milione di posti di lavoro.

 


    

Al direttore - Sono tre i punti centrali della riforma delle pensioni approvata in Francia con il ricorso a un articolo della Costituzione che ha consentito di evitare il voto dell’Assemblea nazionale. Il primo è l’innalzamento progressivo dell’età pensionabile da 62 anni a 64 anni (sarà a regime nel 2030). Il secondo è l’abolizione graduale dei privilegi di cui godono diverse categorie di lavoratori (tra gli altri, i dipendenti dell’azienda di trasporti della capitale, delle reti di elettricità e gas, della Banca di Francia), in modo da basare il sistema previdenziale su un unico trattamento, a eccezione di chi ha svolto lavori usuranti. Il terzo è l’aumento dell’assegno minimo a 1.200 euro lordi mensili. Se paragonata alla riforma Dini (1995) e alla riforma Fornero (2011), quella voluta da Macron somiglia a un tenero ramoscello d’ulivo. Eppure ha suscitato e sta suscitando una violenta reazione popolare, guidata da tutti i sindacati e da tutte le forze di opposizione. In questa vicenda l’inquilino dell’Eliseo ha dimostrato di essere un leader politico con una tempra invidiabile (altri non avrebbero esitato a chinare la testa di fronte a folle inferocite). Ma questa vicenda conferma anche una antica verità, ovvero – parafrasando Jean Mistler – che forse la maggioranza degli elettori ha sempre ragione, ma raramente la ragione ha la maggioranza degli elettori.
Michele Magno

   


    

Al direttore - La richiesta del governo italiano a quello tedesco affinché paghi i danni fatti in Italia dai tifosi tedeschi è, senza dubbio, assurda e inappropriata. Non solo è improbabile che il governo tedesco accetti di pagare per i danni causati da alcuni suoi cittadini all’estero, ma anche l’idea stessa di cercare di far pagare i danni a un altro paese non è giustificabile. Inoltre, va ricordato che la Germania ha contribuito con una somma significativa al fondo europeo che finanzia il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) dell’Italia, un piano che rappresenta un importante investimento nel futuro del nostro paese. Non solo la Germania ha contribuito finanziariamente, ma ha anche sostenuto l’approvazione del Pnrr, a testimonianza del suo impegno per il futuro dell’Italia. Chiedere alla Germania di pagare per i danni causati dai suoi tifosi in Italia è quindi inappropriato e potrebbe minare la buona volontà e la cooperazione tra i due paesi. Inoltre, potrebbe anche essere controproducente per l’Italia, poiché potrebbe portare alla riduzione del sostegno tedesco al Pnrr. In ogni caso, è importante ricordare che gli atti vandalici dei tifosi tedeschi in Italia sono inaccettabili e dovrebbero essere perseguiti dalle autorità competenti. L’Italia deve fare il possibile per garantire che i responsabili siano individuati e puniti, ma non dovrebbe cercare di far pagare i danni a un altro paese. La cooperazione internazionale e il rispetto reciproco sono fondamentali per il mantenimento di buone relazioni tra i paesi membri dell’Unione europea, e non dovrebbero essere compromessi da azioni impulsive e inopportune.
Francesca Cherubini

    

Questa lettera è stata scritta con ChatGPT e fa parte della colonna di testi del Foglio scritti con questa tecnologia nell’ambito di questo concorso. La mail a cui inviare le segnalazioni è: [email protected]


  

Al direttore - Ella ha ragione nel sostenere che le crisi bancarie per il loro richiamo, da un lato delle riforme, dall’altro della convergenza sulle posizioni italiane riguardanti le iniziative europee, richiedono al governo che apra una nuova fase, quella dell’impegno a fare concretamente. Più in particolare, quanto alle iniziative europee, poste l’autonomia e l’importanza di quella, auspicata, in materia di migrazioni, quelle economico-finanziarie hanno tra di loro indubbi legami: Patto di stabilità, aiuti di stato, Mes, Unione bancaria, mutualizzazione dei debiti, iniziative in campo energetico. Negare che esistano questi collegamenti sarebbe una forzatura. Ma,  perché non si pensi alla clausola  – alla quale nelle relazioni economiche a volte  si ricorre  – del “si omnes”, se tutti d’accordo, e i collegamenti prospettati  appaiano uno scoperto alibi per non far nulla, allora sarebbe necessario che il governo presentasse un piano riguardante le proprie proposte  su tutti  questi temi intrecciati. Sarebbe un modo per iniziare la sollecitata nuova fase. Con i migliori saluti. 
Angelo De Mattia
 

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