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L’ambiguità sull’Ucraina incombe sulla scelta del leader del Pd

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Al direttore - Però il Pd, oltre ai poveri e ai precari, agli ultimi e ai penultimi, a chi soffre e a chi non arriva alla fine del mese, qualche volta potrebbe citare anche gli operai (che ancora ci sono, sono ancora tanti e non lo votano).
Michele Magno

 

A proposito di Pd. Mi chiedo cosa sarebbe successo a parti invertite ieri al Parlamento europeo e mi chiedo cosa sarebbe successo se alcuni europarlamentari della Lega o di Forza Italia avessero fatto quello che hanno fatto ieri tre europarlamentari del Pd: votare contro la risoluzione che ha qualificato la Russia come “uno stato sostenitore del terrorismo” e che “fa uso di mezzi terroristici”. Al Parlamento europeo, invece, è successo quello che probabilmente sapete. Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia hanno votato compatti il sì a questa risoluzione e le ambiguità sulla Russia sono state quelle arrivate dal fronte opposto. Il Movimento 5 stelle si è astenuto. Il Pd, come il Terzo polo, ha votato sì alla risoluzione. Ma nel Pd tre europarlamentari hanno scelto una linea diversa: Bartolo, Cozzolino e Smeriglio hanno espresso voto contrario, insieme al Rassemblement national e ad altri deputati pro Putin di estrema destra ed estrema sinistra, e lo hanno fatto insieme con un’altra europarlamentare, Francesca Donato, che la Lega ha cacciato mesi fa dal suo gruppo parlamentare. Pierfrancesco Maran, assessore della giunta Sala, a Milano, giorni fa ha suggerito una riflessione interessante: “La cosa da salvare (l’unica?) dell’esperienza di Enrico Letta è stata la grande determinazione nel sostegno umanitario, economico, diplomatico, militare all’Ucraina invasa. Sono molto preoccupato della deriva opposta di esponenti del Pd e mi batterò a difesa di quella posizione”. Fino a che l’ambiguità riguarda alcuni parlamentari scappati di casa, con tutto il rispetto, il problema è relativo. Ma se l’ambiguità, su questi temi, diventa parte del patrimonio condiviso di alcuni possibili futuri aspiranti leader, come Elly Schlein per esempio, il problema diventa diverso e riguarda non quattro scappati di casa ma una casa che rischia di perdere le sue fondamenta. Occhio. 

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Al direttore - La storia di Aboubakar Soumahoro è perfettamente italiana, anzi, quasi democristiana: di giorno a battersi per i diritti degli immigrati, di sera a calpestarli. E poi dicono che non sappiamo fare integrazione culturale!
Marco Balbi

 
E’ ovvio che le responsabilità politiche non sempre corrispondono alle responsabilità penali ed è ovvio che la difesa scomposta di Soumahoro offre buone ragioni per sospettare che si sia messo in un mare di guai. Ma allo stesso tempo due fatti colpiscono. Colpisce la disinvoltura con cui la destra “garantista” ha trasformato un’accusa (che non riguarda Soumahoro) in una condanna fino a prova contraria. E colpisce il modo in cui la gauche, dovendo scegliere cosa difendere tra Soumahoro e la gogna, ha scelto senza dubbio alcuno di difendere la seconda. Una storia pazzesca e due segnali deprimenti.

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