Foto di Ettore Ferrari, via Ansa 

Lettere

Da Vox alla Russia, croci e delizie della politica estera meloniana

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - I governi passano, l'Italia arresta.
Giuseppe De Filippi


 

Al direttore - “Putin, in difficoltà sul campo di battaglia, sta deliberatamente colpendo obiettivi civili in molte città ucraine. Le bombe cadono su uomini, donne e bambini. Ognuno di questi missili isola ulteriormente la Russia e rafforza la nostra convinzione di difendere chi si batte per la propria libertà” (Giorgia Meloni). Parafrasando Totò: “E poi dicono che uno si butta a destra!”.
Michele Magno

 

La politica estera, per Meloni, è insieme una croce e una delizia. Una delizia se si pensa al suo posizionamento sull’Ucraina, sulla Russia, sulla Cina, su Taiwan, sull’atlantismo. Una croce se si pensa al posizionamento del suo futuro governo sul tema dell’alleanza con Vox, con Trump, con Orbán, con Le Pen. Parafrasando sempre Totò: “Noi, in Europa, vorremmo sapere... per andare dove dobbiamo andare... per dove dobbiamo andare? Sa, è una semplice informazione”.


 

Al direttore - Per mettere al riparo il futuro governo da nequizie ulteriori, il professor Pino Pisicchio, sul Foglio di qualche giorno fa, ha invitato la presidente del Consiglio in pectore ad affidare a Mario Draghi la guida della Farnesina e a un esponente dell’opposizione la presidenza della Camera dei deputati. Ottime proposte, anche se di difficile, se non impossibile realizzazione, anche alla luce della libidine ministeriale e istituzionale in atto. Ne aggiungo una terza, anch’essa di difficile attuazione: un’iniziativa (un convegno, un forum, un congresso) nella quale la Meloni indichi nella destra storica italiana (e nei suoi leader), e nella Destra europea antifascista (Churchill, De Gaulle) i propri punti di riferimento ideologico-culturali. Solo così si fermerebbe la mediatica lotta continua su fascismo e antifascismo.
Giuseppe De Tomaso

 

Ho come l’impressione che il problema del futuro governo Meloni non sarà tanto dimostrare la sua distanza dalla cultura del fascio politico ma sarà dimostrare la sua distanza dalla pratica dello sfascio economico. 


 

Al direttore - Sono circa otto anni che con passione seguo le drammatiche vicende del popolo iraniano, lo sviluppo di un regime che nel tempo è riuscito persino a peggiorare, nonostante partisse da vette drammatiche di violenza, e le ambiguità responsabili dell’Unione europea e dei governi italiani nei confronti di questo regime. L’Iran è campione mondiale di esecuzioni. E’ un regime che non solo uccide il suo popolo con processi sommari e per “reati contro la morale”, a partire dalla omosessualità, ma lo fa spettacolarizzando la violenza, impiccando al braccio di grandi gru da costruzione donne, uomini, ragazze, bambini davanti a una folla spesso obbligata ad assistere. Uccide i minori, fa dello spettacolo della violenza la cifra di un sistema di potere fondato sul terrore. E proprio per questo oltre ad essere crudele con i propri cittadini l’attuale governo iraniano esporta violenza nel mondo, finanziando gruppi terroristi in tutto il medio oriente. In questi anni in Parlamento abbiamo sollevato con le diverse organizzazioni per i diritti umani e con gli stessi iraniani della diaspora il problema dell’atteggiamento dell’Italia e dell’Europa, che hanno scelto l’illusione degli investimenti economici e del potenziale di crescita del paese rispetto alla intransigenza sui diritti umani, promuovendo iniziative, scambi, incontri come se il governo iraniano fosse un normale interlocutore. Anche di fronte al rapimento e alla condanna di Ahmadreza Djalali e alla comprovata organizzazione di un tentato attentato sul suolo europeo la strategia non è cambiata. E alle ripetute interrogazioni si è risposto con una flemma degna di ben altra condizione. Oggi grazie al sacrificio in particolare di alcune giovani donne qualcosa si smuove nella opinione pubblica e anche nel sistema dell’informazione. Un movimento internazionale sembra attivarsi e aprire lo sguardo verso un regime che mostra forti segnali di cedimento, nonostante abbia saputo muoversi nelle profonde fratture della nuova situazione internazionale per attirare investimenti e stringere alleanze, in particolare con Russia e Turchia. Mi auguro che l’Italia sappia essere protagonista di una nuova fase. Alle manifestazioni di piazza e ai tagli di capelli in solidarietà con le donne iraniane devono seguire processi di disinvestimento economico, soprattutto delle aziende a partecipazione statale, e la comunità internazionale deve favorire un cambio di regime, senza alcun cedimento verso fantomatici movimenti riformisti interni al potere, che hanno partecipato alle nefandezze che opprimono da oltre quarant’anni un grande paese, facendo oltraggio ad una cultura millenaria fatta di apertura, pluralismo, convivenza. 
Roberto Rampi, già senatore Pd

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