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L’Ucraina è ormai parte di noi. E noi quanto siamo disposti a sacrificare per salvarla?

Le lettere al direttore del 16 marzo 2022

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Al direttore - La nazionale di “E allora la Nato?” ha sfidato quella Ucraina in una partita secca che verrà disputata allo stadio Olimpico (ex stadio Stalin) di Kyiv. Scenderà in campo con questa formazione (4-3-3): Montanari; Fusaro, Rovelli, Signorini, Travaglio; Landini, Savoini, Cardini; Freccero, Foa, Petrocelli. Il suo mister, Luciano Canfora, in conferenza stampa ha dichiarato: anche di fronte alla manifesta superiorità dell’armata allenata da Andrij Ševchčenko, non ci arrenderemo mai.
Michele Magno


  
Al direttore - In questi giorni ho scoperto che l’Ucraina era, è, un grande paese. Non solo per la sua gente e l’estensione geografica ma anche la storia e l’architettura delle città, i porti, la produzione agricola, le industrie (Antonov!), il paesaggio, il ruolo di nesso tra oriente e occidente, il mare, i laghi, la musica, la religione. Ignorante come una capra, devo confessarlo, immaginavo pigramente che ci fossero solo steppe desolate e poco altro. Forse se avessimo saputo di più, se ci avessero narrato di più, non ci saremmo disinteressati a quanto accaduto nel 2014 e negli anni a seguire. In questo senso, l’integrazione nell’Unione europea (mobilità, istituzioni, mutualità, mercato, cultura, moneta) è stata un’arma di difesa potentissima per i paesi che si sono agganciati mano a mano. E pensare che Taras Bul’ba di Gogol’ (nato su quello che oggi è il fronte orientale della guerra), fu il primo libro che lessi per conto mio da bambino ed era ambientato proprio in Ucraina.
Andrea Bernard

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L’Ucraina, oggi, è vicina a noi molto più di quanto si potesse immaginare un mese fa. Lo è perché le immagini che arrivano da Kyiv sono le immagini di una città europea. Lo è perché le immagini che arrivano dai profughi in fuga dalla morte sono immagini di persone che ci sembra di conoscere. Lo è perché ciò che gli ucraini si portano via con sé scappando di casa è quello che ci porteremmo noi se le nostre case fossero minacciate dalle bombe. L’Ucraina oggi è più europea di quanto si potesse immaginare. Ma il tema che nei prossimi giorni si dovrà affrontare riguarda un problema che non tarderà ad arrivare: l’Ucraina è parte di noi, e lo è anche il suo popolo per quello che oggi rappresenta, ma fino a che punto siamo disposti a sacrificare davvero il nostro benessere per difendere i valori non negoziabili di una democrazia liberale? La risposta a questa domanda oggi è positiva. Speriamo lo sia ancora a lungo. 

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Al direttore - Ho letto il vostro pezzo e mi viene in mente il proverbio “sbagliando s’impara”. Il proverbio è considerato desueto e quasi sconosciuto nell’attuale contesto ma può servire a non scoraggiare gli uomini di buona volontà di fronte all’eventualità dell’errore che è riconosciuto sopportabile in quanto fatto da umani. Sbagliare per correggere; Galileo aggiungeva che provare e riprovare serviva a svelare i segreti nascosti della natura per il progresso delle conoscenze. Anche i magistrati sono umani e quindi penso valga anche per loro. Quando sbagliano e il loro sbaglio viene dichiarato con sentenza definitiva, chiedono scusa? Il loro errore viene segnalato nei loro corsi di formazione come emblematico da non ripetere? Il Csm avverte questa esigenza di chiedere scusa a chi ha sofferto ingiustamente? Fino a quando abuseranno della nostra pazienza di semplici cittadini e di politici e amministratori costretti ad aspettare anni per riavere la patente di onestà? Perseverare diabolicum.
Continuate il vostro buon lavoro.

Aldo Li Castri

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