Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Lettere

Una via per uscire dall'obbrobrio giuridico sulla prescrizione

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - La Lega all’opposizione, per un’ora.
Giuseppe De Filippi

 

Al direttore - Massimo rispetto per la preoccupazione e il dolore di Beppe Grillo come padre. Ma guardando il video scomposto che ha fatto come personaggio pubblico, sorge spontanea la domanda: ma Grillo ha fiducia nella magistratura e nel suo operato?
Pier Luigi Belvisi

 

Direi che Grillo ha certamente più fiducia nelle potenzialità del processo mediatico, che in un modo o in un altro si trova sempre al centro dei pensieri del grillismo, sia quando c’è qualcuno da difendere sia quando c’è qualcuno da offendere.

 

Al direttore - Entro la fine di aprile le commissioni di esperti del ministero della Giustizia dovranno elaborare gli emendamenti che il governo proporrà sul testo del disegno di legge Bonafede per la riforma della giustizia; una settimana prima scadrà il termine per il deposito di quelli parlamentari. Il fermento in sede politica è notevole. A confrontarsi con l’altissimo profilo di coloro che sono stati scelti ai vertici dei gruppi tecnici c’è da essere cautamente ottimisti. La politica potrebbe essere in grado di mettere da parte le pregiudiziali ideologiche dello scontro e condividere le direttrici di una nuova stagione della giustizia penale. I punti fondamentali li ha evidenziati la stessa ministra Marta Cartabia in occasione della sua audizione avanti alla commissione Giustizia della Camera dei deputati. La durata del processo penale dev’essere riallineata alla media europea, mantenendo tuttavia inalterato il rispetto di alcuni princìpi fondamentali: il giusto processo, il diritto di difesa, la presunzione di non colpevolezza e la funzione rieducativa della pena. Il tema della ragionevole durata del processo si mostra come prioritario rispetto ad altri, perché la situazione del carico giudiziario del nostro sistema giustizia appare oggi sempre più difficile da gestire. Lo stato non può permettersi di tenere le persone imputate a vita: ciò vìola i princìpi costituzionali e lede la dignità umana. Senza dimenticare che il 40 per cento dei processi termina con un’assoluzione. Le conseguenze familiari ed economiche di processi pluri-decennali risultano essere spesso irreversibili. Il processo è già pena, come insegnava Francesco Carnelutti; lo è a maggior ragione oggi, nel tempo della comunicazione globale, dove le notizie hanno diffusione senza confini e i danni reputazionali del circuito mediatico-giudiziario non vengono mai risarciti da una successiva assoluzione. Non c’è dubbio che l’affaire prescrizione dei reati, oggi sospesa a vita con la pronuncia della sentenza di primo grado, è il più delicato, da un punto di vista giurisdizionale e politico. Non è solo un problema di compatibilità con il principio garantista della nostra democrazia costituzionale; è anche una questione di tenuta del sistema, che senza la prescrizione è destinato a non riuscire a gestire il carico giudiziario. Coglie nel segno, la ministra Cartabia, quando rileva che la priorità è quella di assicurare un processo dalla durata ragionevole, che risolverebbe il problema della prescrizione, relegandolo a evento eccezionale. Ma resta inalterato il tema teorico: una liberal-democrazia costituzionale ed europea non può non porre una linea di confine temporale rispetto alla propria pretesa punitiva, senza mettere in discussione sé stessa e le proprie fondamenta. Uno stato che non demorde, come ricordava Federico Stella, ha i tratti e le sembianze dello stato autoritario anziché dello stato democratico.
Fabio Pinelli, avvocato penalista, Università Ca’ Foscari Venezia

 

Non mi illudo che sia possibile eliminare la legge che ha fatto fuori la prescrizione. Ma penso che dovere di questo governo sia trovare una mediazione sensata per uscire da questo obbrobrio giuridico. Un esempio? Prescrizione per i reati minori. Per quelli maggiori, sospensione solo a condizione che vi siano vincoli temporali dati ai pm. Se è così, non sarebbe il massimo ma potrebbe essere una svolta ragionevole, che ridurrebbe il campo di applicazione della sospensione e ridarebbe un po’ di ossigeno al nostro stato di diritto.

 

Al direttore – L’unità di intenti che ha visto combattere l’intellettuale collettivo come un sol uomo è riuscita a salvare il calcio romantico nonché “la sovranità dei tifosi” (cit. Galli della Loggia). Come non felicitarsene!  Stasera potremo goderci Spezia-Inter e il tonfo della Juve in Borsa. Che da interisti non è male. Peccato, il buon Andrea Agnelli ci è stato simpatico per diverse ore. E’ riuscito a mettersi contro Macron, Boris Johnson, Draghi, la Fifa, la Uefa e pure l’Osservatore Romano. Non abbiamo potuto in queste ore intense che stare dalla parte degli oppressi, dalla parte di Andrea Agnelli. Certo, chissà cosa avrebbe detto oggi l’Avvocato. Lui forse prima di fare un comunicato stampa a notte fonda una telefonata a Henry Kissinger l’avrebbe fatta. E Macron e Johnson muti.
Pasquale Annicchino