PUBBLICITÁ

La mossa di Renzi non spiega tutto quel che è successo dopo

Le lettere del 23 febbraio al direttore Claudio Cerasa

PUBBLICITÁ

Al direttore - Ma qui sta venendo giù tutto! A distanza di tre anni dalla nascita degli ultimi due governi, gialloverde e rossogiallo, assistiamo alla drammatica polverizzazione di un M5s oramai senza identità e soprattutto dilaniato al suo interno da lotte fratricide, a una profonda crisi di leadership del Pd che non sa che strada prendere, all’esilio volontario a Firenze di un Conte ter mai nato e infine alla scissione dell’atomo in Leu. Secondo Lei, senza la mossa del cavallo del “demolition man”, sarebbe successo tutto questo?
Vincenzo Covelli

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Al direttore - Ma qui sta venendo giù tutto! A distanza di tre anni dalla nascita degli ultimi due governi, gialloverde e rossogiallo, assistiamo alla drammatica polverizzazione di un M5s oramai senza identità e soprattutto dilaniato al suo interno da lotte fratricide, a una profonda crisi di leadership del Pd che non sa che strada prendere, all’esilio volontario a Firenze di un Conte ter mai nato e infine alla scissione dell’atomo in Leu. Secondo Lei, senza la mossa del cavallo del “demolition man”, sarebbe successo tutto questo?
Vincenzo Covelli

PUBBLICITÁ


La mossa di Renzi è stata necessaria per innescare la crisi e cavalcarla ma non è certo sufficiente per spiegare tutto ciò che è successo e che con ogni probabilità covava da mesi nei desideri di alcuni pezzi da novanta di questa stagione politica (da Gianni Letta a Giancarlo Giorgetti, due amici veri di Mario Draghi) che insieme con Sergio Mattarella hanno reso possibile ciò che sembrava impossibile. “Demolition man” è diventato “building” ma da qui a dire che il governo Draghi sia il governo Renzi ce ne vuole  (basta guardare chi c’è a Palazzo Chigi accanto al nuovo premier).


 

PUBBLICITÁ

Al direttore - Con l’uscita di scena del cardinale Sarah la chiesa della misericordia cosiddetta perde un pezzo pregiato dell’argenteria di famiglia. Cristiano a tutto tondo (chi lo frequenta da vicino non esita a definirlo un uomo totalmente immerso in Dio), fine e profondo teologo tra i più letti al mondo, ma soprattutto un pastore col profumo di Cristo (ben più attraente e amabile dell’odore delle pecore, che per inciso anche un lupo che se l’è appena mangiate può avere), il cardinale  Robert Sarah è stato un baluardo a difesa della liturgia dalle spinte di chi, in scia a letture stravaganti del Vaticano II, vagheggia una non meglio precisata “devolution” in materia liturgica; né va dimenticato lo zelo – decisamente controcorrente – nel sollecitare la scorsa estate con una lunga e densa lettera la ripresa delle celebrazioni comunitarie del culto dopo la chiusura imposta con il lockdown. Ma è stato un baluardo anche a difesa del sacerdozio. Quanto questi due capisaldi dell’azione di governo del cardinale guineano abbiano inciso sulla sua mancata conferma anche oltre il limite canonico dei 75 anni d’età naturalmente non è dato sapere. Ma da una rapida scorsa di come la notizia delle dimissioni dell’interessato è stata imbastita da certi organi di stampa cosiddetti, è forte l’impressione che la fermezza del cardinale Sarah su certe questioni di sicuro non l’ha aiutato. Ma tant’è. Alla fine poco importa. Importa invece ricordare quanto scrisse Benedetto XVI nel 2017 in chiusura della postfazione a “La forza del silenzio. Contro la dittatura del rumore”: “Con il cardinale Sarah, come maestro di silenzio e di preghiera interiore, la liturgia è in buone mani”. Speriamo che lo siano anche quelle del suo successore. 
Luca Del Pozzo


Considerazioni interessanti ma situazione più complessa. Le consiglio di leggere con attenzione il pezzo perfetto di Matteo Matzuzzi.

PUBBLICITÁ