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Il trasformismo buono e il buon uso delle parole al governo

Le lettere del 17 febbraio al direttore Claudio Cerasa

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Al direttore - L’euro è irreversibile, Draghi, se non si sta attenti, sì.
Giuseppe De Filippi

 



Al direttore - Mentre Beppe Grillo sul Blog delle stelle derideva Mario Draghi e Sergio Mattarella con una foto taroccata (un comico, come un diamante, è per sempre); e mentre Nicola Zingaretti su Facebook spiegava che il Pd aveva lavorato sodo per portare a Palazzo Chigi l’ex presidente della Bce, il capo politico del MoVimento, Vito Crimi, secondo rumor non confermati prendeva una decisione drammatica: d’ora in poi la formulazione dei quesiti sottoposti al voto degli iscritti verrà affidata all’Accademia della Crusca. Intanto, Alessandro Di Battista “se n’è ghiuto e soli ci ha lasciato”. Un tempo c’erano i sanculotti di Marat, ora ci saranno i fanculotti del Dibba. Come diceva Marx (Karl, non Groucho – è bene precisarlo per chi ha confuso Auschwitz con Austerlitz): “La storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa”.
Michele Magno

 
Il bicchiere lo si può guardare anche così, mezzo vuoto, ma lo si può guardare anche in un altro modo, mezzo pieno, osservando cioè che coloro che oggi sembrano un po’ ridicoli nel sostenere il governo Draghi piuttosto che essere criticati per la loro incoerenza andrebbero elogiati per la loro capacità di far fare ai propri partiti dei passi in avanti per adattarsi con intelligenza a un mondo che cambia. Giuseppe Prezzolini diceva che la coerenza è la virtù degli imbecilli. E mai come oggi è chiaro che per non apparire come tali, come degli imbecilli, cambiare idea può essere non solo opportuno, ma anche saggio.


 

Al direttore - Il reset di Draghi vale anche per chi la politica la racconta, così Ella scrive in un condivisibile editoriale del 12 febbraio. Il fatto è che coloro che sono impegnati in un tale “racconto” dovrebbero, innanzitutto, sforzarsi di evitare una raffigurazione prometeica dell’opera, non ancora iniziata, dell’ex presidente della Bce. Di lui si conoscono capacità, meriti, prestigio e credibilità. Ma non avrà la bacchetta magica, come è stato detto. Il gigantismo delle aspettative è destinato a tramutarsi in una grave delusione se esse non si tradurranno in una coerente realizzazione finendosi così per sottovalutare anche quel che pure importante, ma non taumaturgico, potrà essere fatto. Draghi è anche uno straordinario comunicatore. Allora se ne seguano attentamente gli interventi che non mancheranno e che rappresenteranno una novità per concisione e su quella base è sperabile che non si abbiano remore ad apprezzare e condividere ciò che merita un tale giudizio, ma anche a non condividere ciò che non merita esercitando la necessaria critica, anche per    ché la dialettica, soprattutto in presenza di un’ampia maggioranza di governo, è fondamentale per la democrazia. Del resto, la critica è necessaria per lo stesso presidente Draghi perché possa adeguatamente orientare la propria azione non essendo egli onnisciente.
Angelo De Mattia


Draghi, come abbiamo visto, dà il giusto peso alle parole e da quando ha ricevuto l’onere di formare il governo abbiamo ascoltato la sua voce per un totale di 380 secondi (140 secondi il giorno in cui ha ricevuto l’incarico, 240 secondi il giorno in cui ha illustrato la lista dei ministri). Il silenzio è una scelta comunicativa ma il silenzio deve essere governato perché se poi diventa un vuoto ci sarà sempre qualcuno che quel vuoto, magari litigando, riuscirà a riempirlo.

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