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Renzi come il Manchester United nella finale di Champions ’99

Le lettere del 10 febbraio al direttore Claudio Cerasa 

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Al direttore - Cinque stelle al governo e No su Rousseau, è chiedere troppo? 
Giuseppe De Filippi

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Al direttore - Cinque stelle al governo e No su Rousseau, è chiedere troppo? 
Giuseppe De Filippi

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Al direttore - Leggo che Nicola Zingaretti, uscendo dalle consultazioni con Mario Draghi, ha detto che “la riforma della legge elettorale non è tema da inserire nel programma di governo, ma c’è un equilibrio da ricostruire dopo il taglio dei parlamentari, perciò abbiamo annunciato al presidente la nostra volontà di affrontare questo tema in spirito di collaborazione”. Il Pd, ha detto Zingaretti, vuole dunque la proporzionale e onestamente non capisco cosa c’entri tutto questo con il governo che nascerà.
Luca Cartoni

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C’entra. Salvini entrerà nel governo anche per evitare che la maggioranza possa fare una legge elettorale senza consultare la Lega, e se la maggioranza dovrà fare una legge elettorale con la Lega sarà molto probabile che la legge elettorale proporzionale che il Pd vorrebbe (e che in questa fase sarebbe saggia) non troverà un modo per prendere forma. Forse anche al segretario del Pd converrebbe iniziare a pensare a un piano B. 


 

Al direttore - Sergio Belardinelli (il Foglio del 9 febbraio) usando un paragone calcistico (svirgolate) analizza le recenti mosse  di Matteo Renzi. Secondo Belardinelli, Renzi compie una svirgolata sfortunata (la nascita del Conte 2) e una sublime  (la caduta del Conte 2 e l’arrivo di Draghi). L’analisi è ineccepibile, però la svirgolata si chiama appunto così perché è un colpo involontario e maldestro e ti può andar bene ma anche male, calcisticamente parlando. Sempre calcisticamente parlando sono anch’io convinto che Matteo Renzi abbia sì commesso svirgolate, qualche autogol, diversi falli, ha vinto, perso, pareggiato e ha pure rischiato l’espulsione. Ciò detto, sono anche convinto che lui abbia vinto il campionato: a cominciare dall’elezione di Sergio Mattarella a presidente della Repubblica, tutt’altro  che una svirgolata.
Valerio Gironi

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Se proprio di calcio dobbiamo parlare, diciamo che la partita fatta da Renzi, su Draghi, è simile a quella giocata al Camp Nou dal Manchester United contro il Bayern Monaco nel 1999: fino al novantesimo il Manchester perdeva uno a zero. Dopo  una gara disastrosa, nei minuti finali, al novantunesimo e al novantatreesimo, il Manchester riuscì a ribaltare il match, con Sheringham e Solskjær, vincendo una partita che a un certo punto aveva fatto di tutto per perdere. 

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Al direttore - Ciò che ci dobbiamo augurare è un governo Draghi a vita. In carica almeno fino alla fine della prossima legislatura. E’ possibile? 
Vittorio Aldo Cioffi

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Non so in che modo, ma immaginare un’Italia governata, o solo da Palazzo Chigi o passando poi da Palazzo Chigi al Quirinale, da Draghi per i prossimi sette o otto anni non sarebbe una prospettiva da incubo, no?


 

Al direttore - “Un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché conferiscano la fiducia a un governo di alto profilo che non debba identificarsi con alcuna formula politica”: l’indicazione del percorso è già tutta nelle parole di Mattarella, un percorso che era stato semmai invocato da Forza Italia e non certo da un Pd che si era arenato in un incomprensibile “Conte o muerte” (agitavano lo spauracchio del voto anticipato, senza crederci neppure loro). Ora che il percorso è tracciato, i dem tentano di delegittimare la “conversione europeista” di Salvini, dal pulpito della loro alleanza ormai strutturale con un movimento che del “vaffa all’euro” aveva fatto la sua bandiera (e già alleato coi leghisti nel governo più ostile a Bruxelles della storia). Persi tra i marosi, scelgono di aggrapparsi all’incerto appiglio rappresentato da Conte, un altro che sulle conversioni repentine avrebbe parecchio da insegnare a generazioni di trasformisti italiani. Alla fine, siamo sempre lì: al “contrordine compagni” di Giovannino Guareschi.
Daniele Montani

Viva Mattarella.

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