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La serie che la Rai non ha fatto. Il poco che il governo fa per la scuola

Le lettere del 12 gennaio al direttore Claudio Cerasa

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Al direttore - Capitale corrotta nazione vaccinata.
Giuseppe De Filippi

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Al direttore - Capitale corrotta nazione vaccinata.
Giuseppe De Filippi

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Al direttore - Il giornalismo appare al tramonto, come professione, perché tutti sono potenzialmente cronisti di qualcosa, e la notizia non ha più un prezzo, per chi la trova e la divulga. E’ il mercato del resto a brutalizzare, a dirci che un pezzo vale cinque euro. Tuttavia che del giornalismo c’è ancora bisogno lo urla in questi giorni, come nessun sociologismo intorno ai social è capace di fare, il boom editoriale di “SanPa”, la mini serie Netflix su San Patrignano. Magnifica certo, ma magnifica fiction. Traboccante verità scomode, ma parziali in quanto finalizzate al canone della narrazione, thriller sconfinante nel crime. Siamo tutti trascinati nel binge watching, rapiti dal come-va-a-finire, avvolti di episodio in episodio nelle biografie spesso oblique dei testimoni. Ma ne usciamo – pronti a tuffarci in un’altra serie – senza uno straccio di dato su quanti, per dire, la comunità per tossicodipendenti ne abbia salvati e quanti no. “SanPa” è la miglior prova recente del bisogno che c’è di informare, perché la magia di un racconto può ipnotizzare, ma non è tutto.

Marco Giudici, direttore Rai Italia

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Ha ragione. E non si capisce davvero come sia possibile che una serie del genere sia stata fatta da Netflix e non dalla Netflix italiana che in attesa di aspettare la Netflix di Franceschini già c’è. Forse ne avrà sentito parlare anche lei: si chiama Rai. Grazie della lettera e un caro saluto.



Al direttore - Siamo abbastanza disperati qui a Milano per l’ulteriore rinvio dell’apertura delle scuole superiori. Siamo a quasi un anno di assenza da scuola per gli studenti, che non sono solo quelli dei licei che godono magari di maggiori strumenti materiali e culturali per gestire una modalità di scuola a distanza, ma sono anche (e in maggioranza) gli studenti degli istituti tecnici e professionali, gli studenti della istruzione e formazione professionale regionale, che subiranno le conseguenze più dannose. Per non parlare degli studenti del primo anno, sempre risultato decisivo sia per verificare la scelta fatta sia per dare forma e sostanza a una classe che inizia un percorso di cinque anni. Uno slogan scritto su un lenzuolo alla manifestazione di venerdì scorso in piazza Duomo diceva: “Non so più che faccia hanno i miei compagni”. Per questo come coordinatrice del Comitato scuola Italia viva Milano ho promosso un appello a Letizia Moratti, neo vicepresidente di Regione Lombardia e assessore al Welfare (nonché ex ministro dell’Istruzione), e a Fabrizio Sala, assessore per l’Istruzione, sottoponendo loro due richieste urgenti, semplici e fattibili in tempi brevi. Che almeno gli studenti delle classi prime possano riprendere la frequenza (analogamente a quanto previsto in università per le matricole), che la Lombardia provveda alla vaccinazione dei docenti delle scuole secondarie e ai test rapidi per gli studenti, per favorire anche un rientro “sicuro” e certo. Meno di così…

Stefania Aleni
Comitato scuola Italia viva Milano

Lei ha ragione. E come abbiamo scritto in tempi non sospetti su questo giornale mai avremmo pensato di dire che l’unico ministro del governo che sembra essere interessato a combattere per quanto possibile la didattica a distanza sia un ministro grillino, Azzolina, giustamente indignata, lei e pochi altri, per quello che il suo governo sta facendo (poco) per tutelare in Italia la presenza a scuola. Speriamo che con il VisConte, quando ci sarà, la scuola sia protetta almeno con la stessa attenzione con cui sono stati protetti i monopattini.

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Al direttore - Nel complimentarmi una volta di più per l’intelligenza e la personalità del suo giornale, temo di dover sottolineare un piccolo errore che ho notato nel numero, letto oggi, del fine settimana del 9 e 10 gennaio. Nelle introduzioni ai documenti che compongono l’interessantissimo inserto dedicato all’ingresso in armi dell’esercito inglese a Washington, nel 1814, infatti, per due volte il cognome del presidente allora in carica e della sua signora è scritto come “Mason” anziché “Madison”. Con il bizzarro, ancorché simpatico, esito di trasformare James Madison, erede di Thomas Jefferson impegnato nella guerra contro la Gran Bretagna, nell’attore, ironicamente britannico, ancorché spesso hollywoodiano, James Mason. Cordiali saluti e buon lavoro.

Jacopo Marchisio

Ops. Grazie mille
 

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