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Se il sogno (Draghi) è impossibile, meglio il meno peggio tra gli incubi

Le lettere al direttore del 24 dicembre 2020

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Al direttore - Quando arriverà la variante italiana ci libereremo del Covid-19. Lo metteremo in cassa integrazione almeno fino a marzo.
Giuliano Cazzola

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Al direttore - Quando arriverà la variante italiana ci libereremo del Covid-19. Lo metteremo in cassa integrazione almeno fino a marzo.
Giuliano Cazzola

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Al direttore - Una riflessione a margine dello splendido pezzo di Mingardi sul Foglio dello scorso weekend su Michael Oakeshott. “Non ci credo, io, nel bene. Io credo nella bontà”. Vasilij Grossman. Cerco in ordine sparso il potere di attrazione che ha su di me questa frase. Nella bontà trovo un’autentica simpatica per gli esseri umani in carne e ossa. Nel bene una generica attrazione verso un’idea assoluta e collettiva. La grande letteratura con la sua creazione di piccoli e grandi eroi unici mi sembra dalla parte della bontà. Mentre gli scritti sul grande valore del bene per l’umanità mi sembrano generati in un laboratorio di scienziati pazzi dediti al perfezionamento dell’uomo. La bontà è dalla parte del qui e ora, del mendicante che chiede di mangiare, il bene dalla parte di grandi masse che si aspettano l’avvento di una nuova èra che non arriverà se non sotto forma totalitaria. Mi piace questa tranquilla smania di cambiamento che emana dalla bontà. Non mi piace sostituirla con un’idea di perfezione. Mi piace la felicità quieta di chi “predilige il sorriso del presente, parziale e fuggitivo che sia, alla beatitudine utopica” del fanatismo. 
Paolo Repetti

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Al direttore - Si fa presente che nell’articolo dal titolo “A febbraio l’Ue ci giudica e rischiamo 20 miliardi” (con il richiamo in prima “Spauracchio Recovery. Ci giochiamo tutto a inizio febbraio”) scritto dal giornalista Valerio Valentini e pubblicato dal Foglio nell’edizione del 22 dicembre 2020 alle pagine 1 e 3, sono attribuite al ministro per gli Affari europei Vincenzo Amendola parole mai pronunciate. Si precisa inoltre che il ministro non ha rilasciato alcuna intervista al quotidiano. Pertanto si chiede di rettificare. Grazie e buon lavoro.
Ufficio stampa 
ministro per gli Affari europei

 
Risponde Valerio Valentini. Non abbiamo infatti pubblicato un’intervista, ma un articolo che dava conto, tra l’altro, delle riflessioni che il ministro Amendola ha condiviso con alcuni parlamentari, e che da questi ci sono stati riferiti.


    

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Al direttore - Come sempre, è molto interessante e rigoroso il quadro presentato qualche giorno fa da Stefano Cingolani delle banche e delle aggregazioni passate, nonché di quelle oggi possibili. Vi è, tuttavia, un punto che merita una precisazione, importante perché si tratta di un’informazione oggettiva che non è stata mai recepita finora dall’opinione pubblica, ma anche dagli esperti. Quella fissata dal Comitato interministeriale per il credito e il risparmio nel 2004-2005 non era l’obbligatorietà della sottoposizione a un’autorizzazione preventiva da parte della Vigilanza per le operazioni, tra l’altro, di aggregazione tra banche. Era un’informazione preventiva che mirava a evitare che le assemblee degli istituti interessati decidessero e, poi, la Vigilanza negasse il proprio benestare, sulla base dei prescritti, oggettivi criteri di valutazione. Soppresso, comunque, l’obbligo di informazione preventiva, qualcuno è così ingenuo da immaginare che gli organi di vigilanza non siano stati e non siano previamente informati delle operazioni di concentrazione che sono state definite, a partire dal 2007, e di quelle che si potranno sviluppare? Addirittura, si ricorda il caso, proprio in quell’anno, di una famosa colazione a Palazzo Koch alla quale i massimi esponenti di due banche furono chiamati per essere invitati a valutare l’effettuazione di un’operazione di aggregazione. Qui siamo a uno stadio ancora precedente all’informazione. Soppresso l’obbligo formale, era chiaro che restava un comportamento nei confronti della supervisione che non si poteva dismettere, trattandosi di banche le cui operazioni, soprattutto quelle strategiche, impattano, sugli azionisti, sui mercati, sulla tutela del risparmio, sui prenditori di credito. A questo punto non si può, però, sorvolare sull’autorizzazione concessa per l’acquisizione di Antonveneta da parte del Montepaschi, pur non avendo, quest’ultimo, capitale sufficiente come giustamente osserva Cingolani. In tal caso, non era in questione l’obbligo formale di informazione preventiva, ormai morto e sepolto, bensì il modo in cui si rilascia un’autorizzazione, con quali presupposti, con quali verifiche preventive, con quali vincoli. Quell’operazione è risultata, poi, quando si è conosciuta la realtà dei fatti, la madre di enormi problemi che ancora oggi pesano, in parte insoluti, ed esercitano in diverse direzioni il loro negativo impatto. Di qui la necessità di riflettere ancora su quella fase. 
Con i più cordiali saluti, 

Angelo De Mattia 


  

Al direttore - Rita Bernardini dopo l’incontro con il presidente del Consiglio a Palazzo Chigi: “Conte è d’accordo a ridurre il sovraffollamento nelle carceri”. Bene. Ora non resta che convincere Marco Travaglio.
Michele Magno

E mandare al bar Bonafede. 


  
Al direttore - Le chiedo il suo parere sul perché se una forza politica di maggioranza pone fondati problemi di metodo e di merito utilizzati dal capo del governo, rischiando di aprire la crisi, sarebbe irresponsabile, atteso il momento emergenziale di tipo sanitario; mentre chi per spaventare detta forza politica minaccia il voto anticipato mandando durante la pandemia milioni di cittadini ai seggi, sapendo anche con matematica certezza di consegnare il paese alle destre di Salvini e Meloni, sarebbe responsabile. Mi domando, perché nessun giornalista commenta negativamente quest’ultima posizione?
Guglielmo Marconi

 

Direi che ha perfettamente ragione. E direi che è molto divertente vedere oggi i teorici del voto subitissimo nel 2019 tifare affinché si verifichi uno dei due scenari favorevoli a Salvini: una nuova maggioranza di governo, in questa legislatura, insieme con il Capitano, o peggio ancora elezioni subito per mettere il paese nelle mani del Capitano. Un governo modello Draghi sarebbe un sogno, ovvio, ma bisogna sempre ricordarsi che quando i sogni sono impossibili meglio scegliere il meno peggiore tra gli incubi. 
 

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