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Governo e maggioranza: cronaca di una non morte annunciata

Le lettere dell'8 dicembre al direttore Claudio Cerasa

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Al direttore - Capisco che Renzi e D’Alema, ospite Bettini, dopo due scissioni tra loro assonanti anche nel fallimento degli esiti, debbano descrivere l’eventuale “ritorno” al Pd come “nuova Cosa”, cantiere (parola eterna a sinistra, che evoca i fasti della Salerno-Reggio Calabria), quarta via (visto che pure la terza è fallita). E’ l’eterna, forse inevitabile, prosopopea epocaleggiante, la hybris e il vizio della sinistra: dipingere come memorabili le contingenze, descrivere con superlativi l’ovvietà, il banale, l’evento circoscritto. Qual è l’eventuale rientro da scissioni non paganti. Capisco pure che trovare sintonia a sinistra, nella tristezza di oggi, è possibile se si parla magari di Biden e di Blair o Corbyn o Macron, ma si evita ogni tema di merito dell’attualità italiana: dai 5 stelle, all’Europa, all’economia, alla riforma delle istituzioni, al Covid, al vaccino, alla legge elettorale, eccetera. Temo che la retorica palingenetica li perderà. Loro devono solo mettere una pezza a scelte sbagliate (le scissioni), ma la grandiloquenza, la pomposità – malattia, non infantile né senile, ma genetica della sinistra – li porterà a sbattere: pretenderanno che il Pd per accoglierli, magari, faccia un auto da fé. E, allora, non se ne farà nulla. E pure il piccolo vantaggio (allargare un po’ il Pd), temo, si perderà. Capisco tutto questo. Li conosco. Non capisco, lo confesso, D’Alema. Alle soglie dei 100 anni del Pci, un reduce come me si aspetterebbe un accenno (almeno) nel mondo della sinistra, di un discorso “togliattiano” sull’Italia: dove sta andando lo stato in questo nostro paese? Un po’ lo sta facendo Veltroni (sul Corriere della Sera) ma a modo suo: ecumenico, buonista, troppo prepolitico. Alla fine: privo di sbocchi. Dove ci ha portato la ginnastica scissionista a sinistra? Ad abbandonare ogni disegno di “grande riforma”, a subire il progressivo ingessamento nelle tare delle istituzioni italiane (il bicameralismo perfetto, la confusione stato-regioni, l’autonomismo imperfetto, la cancrena della burocrazia). Ci aspetta, ben che ci vada, una lunga alternanza di governi deboli, precari, instabili, come gli ultimi due anni? Sia che li faccia la destra sia che li faccia la sinistra. Può aversi la ricostruzione economica senza ricostruzione dello stato, della sua efficienza ed efficacia e con una debole governabilità? E’ questo un problema della sinistra (qualunque sia la sua composizione in figurine) o di tutta la geografia politica del paese? Possono coesistere new deal economico e guerra civile (a parole) in politica? Come usciamo dalla morsa del debito? Con il sovranismo infantile e suicida anti Mes di mezza politica italiana? O con una strategia di ridisegno del conto economico dell’Italia? Con quali gambe? Da Renzi non mi aspettavo questo discorso (che un giorno fu quasi suo): troppo giovane, spregiudicato  e ambizioso per distinguere la strategia dalla tattica (intesa come le singole persone e il loro posizionamento). Ma da D’Alema… Da lui per esperienza, cultura e standing ci si aspetta non un discorso sulla sinistra (questa palestra di sedicenti e wannabe, desideranti tali, direbbero gli inglesi) ma un discorso sull’Italia, “nazionale” (avrebbe detto il comune vecchio amico Alfredo Reichlin), costituente. Ci rassegniamo ai governi deboli, alla mediocrità come sistema o serve lo spirito, postbellico e unitario, delle riforme politiche ed economiche? E con quale assetto del governo si fa questo? Ecco: io fossi il Pd, senza alterigia ma nemmeno timidezza, parlerei così a Renzi e D’Alema.

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Al direttore - Capisco che Renzi e D’Alema, ospite Bettini, dopo due scissioni tra loro assonanti anche nel fallimento degli esiti, debbano descrivere l’eventuale “ritorno” al Pd come “nuova Cosa”, cantiere (parola eterna a sinistra, che evoca i fasti della Salerno-Reggio Calabria), quarta via (visto che pure la terza è fallita). E’ l’eterna, forse inevitabile, prosopopea epocaleggiante, la hybris e il vizio della sinistra: dipingere come memorabili le contingenze, descrivere con superlativi l’ovvietà, il banale, l’evento circoscritto. Qual è l’eventuale rientro da scissioni non paganti. Capisco pure che trovare sintonia a sinistra, nella tristezza di oggi, è possibile se si parla magari di Biden e di Blair o Corbyn o Macron, ma si evita ogni tema di merito dell’attualità italiana: dai 5 stelle, all’Europa, all’economia, alla riforma delle istituzioni, al Covid, al vaccino, alla legge elettorale, eccetera. Temo che la retorica palingenetica li perderà. Loro devono solo mettere una pezza a scelte sbagliate (le scissioni), ma la grandiloquenza, la pomposità – malattia, non infantile né senile, ma genetica della sinistra – li porterà a sbattere: pretenderanno che il Pd per accoglierli, magari, faccia un auto da fé. E, allora, non se ne farà nulla. E pure il piccolo vantaggio (allargare un po’ il Pd), temo, si perderà. Capisco tutto questo. Li conosco. Non capisco, lo confesso, D’Alema. Alle soglie dei 100 anni del Pci, un reduce come me si aspetterebbe un accenno (almeno) nel mondo della sinistra, di un discorso “togliattiano” sull’Italia: dove sta andando lo stato in questo nostro paese? Un po’ lo sta facendo Veltroni (sul Corriere della Sera) ma a modo suo: ecumenico, buonista, troppo prepolitico. Alla fine: privo di sbocchi. Dove ci ha portato la ginnastica scissionista a sinistra? Ad abbandonare ogni disegno di “grande riforma”, a subire il progressivo ingessamento nelle tare delle istituzioni italiane (il bicameralismo perfetto, la confusione stato-regioni, l’autonomismo imperfetto, la cancrena della burocrazia). Ci aspetta, ben che ci vada, una lunga alternanza di governi deboli, precari, instabili, come gli ultimi due anni? Sia che li faccia la destra sia che li faccia la sinistra. Può aversi la ricostruzione economica senza ricostruzione dello stato, della sua efficienza ed efficacia e con una debole governabilità? E’ questo un problema della sinistra (qualunque sia la sua composizione in figurine) o di tutta la geografia politica del paese? Possono coesistere new deal economico e guerra civile (a parole) in politica? Come usciamo dalla morsa del debito? Con il sovranismo infantile e suicida anti Mes di mezza politica italiana? O con una strategia di ridisegno del conto economico dell’Italia? Con quali gambe? Da Renzi non mi aspettavo questo discorso (che un giorno fu quasi suo): troppo giovane, spregiudicato  e ambizioso per distinguere la strategia dalla tattica (intesa come le singole persone e il loro posizionamento). Ma da D’Alema… Da lui per esperienza, cultura e standing ci si aspetta non un discorso sulla sinistra (questa palestra di sedicenti e wannabe, desideranti tali, direbbero gli inglesi) ma un discorso sull’Italia, “nazionale” (avrebbe detto il comune vecchio amico Alfredo Reichlin), costituente. Ci rassegniamo ai governi deboli, alla mediocrità come sistema o serve lo spirito, postbellico e unitario, delle riforme politiche ed economiche? E con quale assetto del governo si fa questo? Ecco: io fossi il Pd, senza alterigia ma nemmeno timidezza, parlerei così a Renzi e D’Alema.

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Umberto Minopoli

 

A Renzi e a D’Alema – che per ragioni opposte si sono allontanati da un partito che in una certa misura hanno contribuito a fondare, e che non sono riusciti però a fare affondare pur essendone usciti – andrebbe poi posta un’altra domanda: siamo proprio sicuri che nella lotta contro il sovranismo nazionalista e populista esista davvero a sinistra e al centro uno spazio politico alternativo al Pd? Proporzionale o no, prima o poi toccherà riparlarne. O no?

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Al direttore - La subcultura giustizialista produce non solo mostri giuridici, ma è anche cieca e disumana. A Ottaviano Del Turco – già dirigente sindacale, parlamentare nazionale ed europeo, ministro della Repubblica, presidente di regione, segretario del Psi e poi tra i fondatori del Pd – è stato congelato il vitalizio, a differenza di altri parlamentari che hanno scelto di patteggiare la pena. Del Turco, convinto della sua innocenza, ha invece preferito sottoporsi a un calvario processuale conclusosi con una condanna che ha lasciato solo dubbi. A parte la discutibile legittimità del provvedimento dell’Ufficio di presidenza del Senato, in attuazione di una delibera assunta in regime di autodichia nella XVII Legislatura, nel caso di Del Turco è palese anche la sua odiosa brutalità. Affetto da patologie gravissime e invalidanti, gli viene così impedito di essere curato  e assistito, negandogli la possibilità di una vita dignitosa pur nella sua gravissima condizione di disabilità.

Giuliano Cazzola 
Michele Magno


 

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Al direttore - Chi parla di elezioni attribuendone strumentalmente l’ipotesi all’Alto colle fa solo fuffa. Se la minaccia della crisi è oggi insensata, il deterrente delle elezioni è irrealistico. Senza una nuova legge elettorale relativa al taglio dei parlamentari non si può andare alle urne. 
Un saluto

Massimo Teodori 

 

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Governo: cronaca di una non morte annunciata.


 

Al direttore - Il 31 dicembre 2020 scadranno le concessioni demaniali balneari per numerosi stabilimenti lungo le coste italiane ma i concessionari godranno di una proroga fino al 2033. Altri tredici anni di gestione incontrastata per la cosiddetta lobby dei balneari, una ricca proroga che è stata blindata dal decreto “Rilancio” con il blocco di tutti i procedimenti amministrativi di messa a gara o di decadenza. E se da una parte il governo italiano, come fa ormai da vent'anni, concede regalie e legittima lo status quo anche a costo di rimetterci, dall’altra la Corte di cassazione, il Consiglio di stato, la Corte costituzionale e la Corte di giustizia europea hanno già affermato che le proroghe devono essere disapplicate perché privilegiano i diritti acquisiti di pochi beneficiari e pregiudicano l’aspettativa di tutti gli altri. Il 3 dicembre la Commissione europea ha inoltre aperto una procedura di infrazione contro l’Italia proprio sulla questione delle concessioni balneari. Si tratta di un atto dovuto da tanto tempo, infatti è del 14 luglio del 2016 la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea che vieta le proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico ricreative. La legalità conviene sempre: in un momento come questo è tanto più opportuna e necessaria l’iniziativa della Commissione Ue che sottolinea come la normativa italiana scoraggi gli investimenti in un settore fondamentale per l'economia, già duramente colpito dalla pandemia di coronavirus, e causi nel contempo una perdita di reddito potenzialmente significativa per le autorità locali italiane. Senza contare che nelle casse dello stato, a fronte delle concessioni, entra solo l’1 per cento del fatturato dichiarato dai balneari. Per tutte queste ragioni nei giorni scorsi abbiamo lanciato la campagna “Un mare di opportunità” per promuovere, anche tramite atti di disapplicazione della normativa da parte dei sindaci, la messa a gara delle concessioni balneari. Chiediamo ai sindaci di non firmare le proroghe, proprio come ha già fatto il primo cittadino di Lecce Carlo Salvemini. E chiediamo ai cittadini di attivarsi, sia firmando il nostro appello che utilizzando il modulo fornito per diffidare il comune a concedere la proroga. A Natale non regaliamo il mare ai soliti noti.

Massimiliano Iervolino e Giulia Crivellini, segretario e tesoriera di Radicali Italiani



Al direttore - In riferimento all’articolo, dal titolo “Nomine da Taverna”, pubblicato il  25 novembre, a pagina 1, a firma Salvatore Merlo, si precisa quanto segue:  “Il portale al quale si riferisce con rivedibile ironia l’articolo è uno strumento operativo predisposto dal Mef con propri atti, in attuazione di quanto previsto genericamente, rispetto alla digitalizzazione, dalla legge n. 191/2009, per tutte le amministrazioni pubbliche. Si tratta di quelle di cui all’art.1, comma 2, D. Lgs. n.165/2001 e quelle inserite nell’elenco S13, redatto annualmente dall’Istat, ai sensi dell’art.1, comma  3, Legge n. 196/2009.
Dunque all’autore dell’articolo dev’essere sfuggito che il portale digitale è uno strumento del Mef, scaturito da atti di carattere amministrativo-regolamentare volti ad implementare un sistema digitale per la valorizzazione del patrimonio pubblico. Le fonti giuridiche di tale sistema sono di rango secondario, aspetto sfuggito al giornalista, e attengono a una generale organizzazione di alcune procedure e funzioni dello specifico ministero.
L’articolo non specifica dei particolari di assoluto rilievo: l’obbligo di pubblicare i curriculum di chi si propone sul sito del socio pubblico, prima della scelta da parte del socio pubblico e l’onere in capo al socio pubblico di darne conto sempre sul proprio sito, sono innovazioni non previste dalla normativa vigente in materia di partecipazioni pubbliche di non poco conto, in quanto l’amministrazione si assumerebbe anche l'onore di motivare l’esclusione o la mancata idoneità delle candidature pervenute.
L’intervento legislativo della vicepresidente Taverna ha caratteristiche diverse dall’assetto vigente. Lo spieghiamo nel dettaglio, onde evitare mistificazioni e resoconti sarcastici a mezzo stampa come quello in oggetto.
Innanzitutto sarebbe una normativa di rango primario, della cui ratio si dà conto nella relazione illustrativa dell’AS n. 1773., contenenti disposizioni valevoli per ogni società a partecipazione pubblica, indipendentemente dall’amministrazione a cui appartiene il socio pubblico. 
Con una legge in materia, il principio generale di trasparenza, sbeffeggiato oltremodo nell’articolo in questione, verrebbe specificato, sempre però a livello legislativo, in relazione alla nomina dei componenti delle società partecipate, prevedendo altresì, sempre a livello generale, oltre alla modalità digitale di candidatura anche termini certi e precisi, oneri in capo al socio pubblico di rendicontazione dei requisiti di onorabilità, professionalità e autonomia dei componenti selezionati e dell’insussistenza di cause di incompatibilità o inconferibilità dell’incarico.


Movimento 5 stelle, 
Ufficio Comunicazione Senato

 

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