PUBBLICITÁ

Democrazie illiberali e silenzi su Biden presidente: perfetta simmetria

Le lettere al direttore del 13 novembre 2020

PUBBLICITÁ

Al direttore - Accordo fatto tra maggioranza e Babbo Natale.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Al direttore - Accordo fatto tra maggioranza e Babbo Natale.

PUBBLICITÁ

 
Giuseppe De Filippi


 

PUBBLICITÁ

Al direttore - E’ un’amara considerazione dover constatare come il dibattito che da ultimo la fa da padrone sulla scena politico-sociale italiana sia partito da una piattaforma di comunicazione che tutto fa, tranne lasciare spazio (letteralmente) ad un dibattito degno di questo nome. Ovviamente, mi riferisco a Twitter e, nello specifico, all’ormai notorio e tanto infamato tweet del Governatore Toti sugli anziani. Senz’altro lo stesso concetto si sarebbe potuto esprimere con parole più scelte ma, al di là di considerazioni sulla forma, quel tweet ha scoperchiato un vaso di Pandora, andando a nominare l’innominabile, portando alla luce il vero tabù italiano: la Questione Generazionale. Molte volte è stato detto, parafrasando il titolo di un noto film dei Fratelli Coen, che l’Italia non è un paese per giovani. È la triste verità che sottende, seppur sempre sottaciuta con borghesissimo aplomb da salotto buono, la vita lavorativa quotidiana della mia generazione. Ho detto sottaciuta perché mai, prima d’ora, avevo visto una così plateale alzata di scudi della Generazione Dominante di questo paese che, rotti gli indugi e gettate le maschere (e fors’anche le mascherine), si è chiusa a testuggine per difendere il suo diritto di fare quello vuole nel Suo paese, costi quel che costi. La salita sulle barricate è stata un fenomeno assolutamente trasversale: si sono espressi personaggi politici e figure istituzionali, gente di spettacolo e del mondo della cultura. Se fosse stato un partito, avrebbe avuto in mano il paese; ma forse, de facto, lo è e forse, de facto, lo ha. Più d’ogni altro intervento, però, mi ha colpito l’editoriale di Dacia Maraini, titolato “Favorire i giovani ma a che prezzo?”, apparso sul Corriere della Sera del 9 novembre. In esso, la scrittrice cita una leggenda giapponese di un villaggio talmente povero che solo chi lavora nei campi può sopravvivere e, pertanto, gli anziani vengono abitualmente portati a morire nella foresta. Questo, sembra dirci neanche velatamente, è quanto viene chiesto alla sua generazione nell’Italia di oggi: “Se non produci sei morto […] Visione a dir poco miope [di chi, ndr] è preso da una interpretazione feticistica del PIL”. Partiamo con un dato scientifico e, quindi, incontrovertibile: la preponderante maggioranza delle persone affette da Covid con sintomatologia grave a tal punto da necessitare cure ospedaliere è anziana. Punto. Su questo non si discute perché la mole di dati statistici a conferma è schiacciante. Chiaramente, ciò non significa che chi non rientri in quel segmento di popolazione possa arrogantemente disinteressarsi della diffusione del virus, ma non possiamo – perché sarebbe antiscientifico – scegliere di ignorare questo dato. Fatto saldo questo assunto, non è forse logico dedurre che attuare delle politiche che riflettano, anziché ignorare, questa evidenza scientifica possa, da un lato, meglio proteggere chi è più a rischio e, dall’altro (ed allo stesso tempo), scongiurare lo spettro del collasso del nostro sistema sanitario nazionale? Nessuno, e sottolineo nessuno, sta chiedendo agli anziani di andarsi ad immolare e, francamente, far finta di credere il contrario, inalberandosi sdegnati, è evidenza di una disonestà intellettuale quasi trumpiana. Sentenzia poi l’autrice: “la produzione non è solo economica, ma di cultura, di sapienza, di cura, di amore, di memoria”. Verissimo, ed anzi è un punto che, da cittadino di una socialdemocrazia europea, difenderò sempre a spada tratta. Tuttavia, mi permetto di suggerire che cose quali l’affitto, le bollette, i pannolini, i quaderni, il cibo forse rientrano nell’ambito di quella produzione economica, quel tanto schifato PIL, che l’autrice sembra avere a gran dispitto. Aggiungo: senza produzione economica, e quindi senza tasse, chi pagherà per il succitato servizio sanitario nazionale? Chi comprerà mascherine, camici, lettini, farmaci, ventilatori polmonari? Sottolineo: senza produzione economica, e quindi senza tasse, chi pagherà le pensioni di questa Me Generation? “Dulce et decorum est pro patria mori”, scriveva Orazio, ma qui nessuno sta chiedendo ad alcuno di immolarsi per la patria. Si tratta, piuttosto, di applicare logica e raziocinio, tenendo conto di evidenze scientifiche; chissà che, così facendo, non si possa salvare sia la produzione economica che non, sia il servizio sanitario nazionale che le vite dei nostri nonni. Concludo ricordando alla Dottoressa Maraini nello specifico che, se è giapponese la leggenda sul sacrificio degli anziani da lei citata, lo sono altrettanto gli ingegneri pensionati che chiesero al loro governo di essere mandati, al posto dei giovani, a fare i necessari sopralluoghi nella devastata centrale di Fukushima. Quella è immolazione, quello è sacrificio.

 
Matteo David Masi


 
Al direttore - Reputo molto significativo il fatto che finora né Putin per la Russia né Xi Jinping per la Cina abbiano riconosciuto Biden come invece hanno fatto tutti gli stati europei e altre nazioni. L’atteggiamento di Putin non è sorprendente. Ovviamente non sarà mai possibile provare che fra Putin e Trump c’era un accordo prima delle elezioni del 2016, è invece provato che la Russia, con la mobilitazione di tutti i suoi strumenti sulla rete, si era impegnata contro la Clinton. Di ciò si accorsero i servizi americani, ma Obama non denunciò il fatto sia per non interferire nella battaglia elettorale, sia perché comunque i democratici erano sicuri della vittoria. Comunque la scelta di Putin si è rivelata geniale: Trump lo ha oggettivamente (forse non solo oggettivamente) favorito in mille modi: il distacco dalla Nato, il favore per Brexit e per Johnson, la rottura con la Germania e le distanze dall’Unione europea, l’abbandono dei curdi al loro destino. Trump ha consentito a Putin e a Erdogan, insieme due competitori e due complici, di diventare i padroni del Mediterraneo, non parliamo poi dei pessimi rapporti di Trump con la Cia e con il deep State: per un ex colonnello del Kgb come Putin lo spettacolo offerto deve essere stato materia di un autentico godimento. Ma è il silenzio di Xi Jinping a colpire. In fin dei conti Trump ha concentrato tutti i suoi colpi proprio contro la Cina, ragion per cui era abbastanza normale che Xi Jinping gli desse il calcio dell’asino. Ma è evidente che il leader del Partito comunista cinese guarda oltre le schermaglie quotidiane: Trump ha destabilizzato a tal punto gli Usa e ha diviso a tal punto l’occidente che al fondo rimane sempre preferibile rispetto al ritorno in campo di un politico di professione qual è Biden (e quale sarebbe stata la Clinton) che fa i conti con la Cina, con la Russia tenendo conto di quello che gli dicono la Cia, il resto del deep State, il grosso dell’establishment militare, culturale, economico-amministrativo degli americani. Agli occhi di chi è veramente ostile all’occidente Trump se non esisteva andava inventato e per parte sua Putin ha fatto tutto il possibile (poi sono esistite altre mille ragioni del trumpismo derivanti da fenomeni profondi che hanno attraversato gli Usa).

 
Fabrizio Cicchitto

PUBBLICITÁ

  
Reputo molto significativa anche un’altra cosa prodotta dalla vittoria di Biden: la capacità di individuare in giro per il mondo una sorta di simmetria perfetta tra i sostenitori della democrazia illiberale e i sostenitori della non vittoria di Biden. Per-fet-ta.  

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

Da dicembre Mimmo Arcuri sarà responsabile di Ilva, e poi da gennaio pure della distribuzione del vaccino anticovid. A quel punto per risolvere il problema della temperatura a meno 80 gradi potrebbe conservarli negli altoforni spenti. 

 
Annarita Digiorgio

 

PUBBLICITÁ