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Paura della seconda ondata Covid? La prudenza è giusta, il panico no

Le lettere dell'8 settembre al direttore Claudio Cerasa

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Al direttore -  Effettivamente Salvini diceva sempre non facciamo la fine della Grecia.
Giuseppe De Filippi

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Al direttore -  Effettivamente Salvini diceva sempre non facciamo la fine della Grecia.
Giuseppe De Filippi

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“Alba Dorata? Sulle politiche dell’immigrazione siamo assolutamente sulla stessa linea” (Matteo Salvini, 5 gennaio 2015)



Al direttore - Il baco nativo del marxismo è nella impostazione della politica, identificata con quella del partito, come entità superiore, assolutamente predominante rispetto all’economia considerata come egoistica espressione del nefando capitalismo delle disuguaglianze. Ha vinto l’economia. Rpc docet. L’attuale governo sembra propenso a servirsi del virus per ricalcare il baco marxista. Vincerà ancora l’economia. Bene, bene, avanti così.
Moreno Lupi

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Difficile dire cosa succederà nei prossimi giorni. Più semplice dire cosa è meglio auspicare che accada per evitare di cadere nella spirale della paura. Ieri il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha detto che nella fase in cui viviamo oggi, in attesa dei progressi della scienza, “il miglior vaccino è interiorizzare le nostre paure”. Avere paura del Covid genera atteggiamenti prudenti e la prudenza aiuta a tenere i guai il più distante possibile. Ma per evitare che la paura diventi panico occorre saper distinguere tra un problema gestibile e un’emergenza difficilmente gestibile. Ieri, a proposito di panico, la Stampa ha dedicato tutta la sua prima pagina al tema dell’emergenza tamponi e al tema dell’emergenza posti letto (“Tamponi e posti letto, è emergenza”). Emergenza? In Italia ci sono 9.447 posti letto in terapia intensiva. Al momento, i posti letto occupati da persone positive al coronavirus sono 337. Significa il 4 per cento dei posti totali (e un altro 4 per cento è occupato da pazienti con altre patologie).  Un altro dato utile è quello presentato due giorni fa  dal ministro della Salute Roberto Speranza sull’incidenza del virus registrata su 100 mila abitanti e misurata nell’arco di 14 giorni. I dati: Spagna 319; Francia 246; Olanda 243; Belgio 220; Uk 163; Italia 45. Prudenza sì, panico no, please.



Al direttore - Nell’ultimo anno, i progetti di giovani ricercatori finanziati dal prestigioso European Research Council sono stati 436, di cui ben 53 assegnati a studiosi italiani (secondi dopo i tedeschi). Tuttavia, solo 20 di questi progetti saranno condotti in Italia: infatti, la maggior parte dei nostri giovani ricercatori condurrà la ricerca all’estero, per poter trovare condizioni di lavoro, tutela dei diritti e serenità consoni all’importanza sociale del loro compito. In ambito biomedico preoccupa la vicenda relativa a un progetto italiano vincitore di Erc, basato in due atenei italiani, che esemplifica le ragioni della fuga dal nostro paese dell’eccellenza della ricerca, anche di quella portata avanti da “cervelli” italiani. Il progetto Light-Up si propone di comprendere i problemi visivi che insorgono a seguito di piccole lesioni cerebrali e a come porvi rimedio, e prevede tra l’altro una fase di sperimentazione su macachi. A oggi i ricercatori, oggetto da giugno 2019 di una continua e pericolosa campagna di disinformazione a opera di associazioni animaliste, a partire dalla Lav, sono stati “premiati” dal sistema paese con: minacce di morte, ripetute ispezioni amministrative, infiniti ricorsi giudiziari culminati in uno stop cautelare da parte del Consiglio di stato, puntualmente sconfessato dalla decisione di merito del Tar del Lazio. E proprio sulla paradossale pronuncia della Terza sezione del Consiglio di stato, che intimava di sospendere in via cautelare le attività di ricerca del progetto, che è necessario soffermarsi. I supremi giudici amministrativi, con apodittiche considerazioni prive di fondamento scientifico, hanno sostenuto che quella ricerca andava sospesa, nonostante il progetto Light-up avesse superato il vaglio e ottenuto regolari autorizzazioni scientifiche ed etiche dallo European Research Council, dal ministero della Salute (previa acquisizione del parere del Consiglio superiore di sanità, il massimo organo di consulenza tecnico-scientifica del ministero) e dall’Opba (Organismo preposto al benessere degli animali) dell’Università di Parma, dove si dovranno svolgere le sperimentazioni. Ci si chiede ancora, con stupore, di quale “arcana” competenza scientifica si siano fatti portatori i giudici di Palazzo Spada. La “resilienza” – la stessa a cui l’Europa ci richiama per fronteggiare la pandemia – dei ricercatori e la prova dei fatti, tuttavia, hanno portato a un pronunciamento favorevole alla prosecuzione del progetto di ricerca da parte del Tribunale amministrativo regionale (Tar), il quale ha stabilito inequivocabilmente che “le censure dedotte dalle parti ricorrenti [Lav] si rivelano generiche e prive di fondamento in fatto e in diritto”. Ma non è bastato neppure questo ulteriore pronunciamento e giudizio di merito per porre fine a una situazione che quegli elementari princìpi di merito e di diritto sembra decisa a sovvertire fino in fondo. Così, giovedì prossimo, assisteremo all’ennesima udienza del Consiglio di stato per un ulteriore pronunciamento su quanto già enunciato dal Tar, a causa dell’ennesimo ricorso della Lav. Oltre all’evidente danno per i ricercatori coinvolti nel progetto Light-Up, questa vicenda ha evidenti ripercussioni sulla credibilità e competitività del nostro sistema della ricerca. L’Italia si trova già nella gravosa situazione di dover affrontare una procedura d’infrazione per l’arbitrario recepimento della Direttiva europea 63/2010, volta a stabilire misure relative alla protezione degli animali utilizzati a scopi sperimentali. Infatti, unici in Europa, abbiamo tradotto tale Direttiva nel nostro ordinamento aggiungendo ulteriori e immotivate restrizioni, di anno in anno sottoposte a moratoria, per far sì che la ricerca in quegli ambiti potesse continuare (Decreto legislativo n. 26/2014), sebbene con futuro assai incerto. Questi eventi pongono la ricerca biomedica italiana in una condizione non solo di inferiorità, ma anche di manifesta inaffidabilità nel contesto europeo, che potrebbe precludere l’accesso a fondi comunitari su temi vitali per la salute pubblica e, persino, all’utilizzo dei tanto attesi fondi per ricerca e sviluppo legati all’emergenza Covid-19 (Next Generation Eu o Recovery fund). Ciò renderebbe ancora più difficile la situazione della ricerca italiana (università ed enti di ricerca, policlinici, Irccs, imprese biotech) e dei tanti lavoratori e ricercatori del settore. Scoraggerà alcuni dal rientrare in Italia, ne spingerà altri ad abbandonare il nostro paese. L’impronta irrazionale e ideologica che anima queste iniziative avrà come inevitabile risultato quello di precludere e ostacolare anche la ricerca e la validazione di metodi “alternativi” (più corretto dire complementari) alla sperimentazione animale, essendo i due approcci inscindibili in ogni seria strategia metodologica. Confidiamo che il Consiglio di stato nella sua prossima deliberazione voglia confermare il giudizio di merito già espresso dal Tar, anche a tutela della ricerca, del suo valore per la conoscenza, la protezione e la cura della salute pubblica, e nel rispetto di tutte le valutazioni tecnico-scientifiche nazionali ed europee che si sono invariabilmente espresse in senso favorevole sia rispetto al progetto Light-Up, sia alla indispensabilità della sperimentazione animale.
Antonio Musarò (Università Sapienza Roma), Elisabetta Cerbai (Università di Firenze), 


Micaela Morelli (Università di Cagliari), Michele Simonato (Università di Ferrara e Università San Raffaele, Milano), Marco Onorati (Università di Pisa), Alexandra Battaglia-Mayer (Università Sapienza Roma), Roberto Caminiti (coordinatore del Gruppo operativo sulla Sperimentazione animale del Patto trasversale per la Scienza), Paolo Calabresi (presidente della Società italiana Neuroscienze), Fiorenzo Conti (Università Politecnica delle Marche e presidente della Società italiana di Fisiologia)

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