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Corna e ancora corna

Mariarosa Mancuso

Alla quinta stagione di “The Affair”, l’alternanza dei punti di vista comincia a diventare ripetitiva

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C’eravamo tanto amati, E anche parecchio traditi. E anche molto litigati – litigi di prima mano, e litigi per ripicca: “Ma come, ti sei già risposato? Sono stata via solo sette anni!”. La battuta viene da un vecchio film con Cary Grant, lei era naufragata su un’isola deserta senza dare notizie di sé: tornata in città si scandalizzava per la memoria cortissima del consorte. Ogni tanto bisogna rifarsi il palato, e dovrebbero rifarselo anche gli sceneggiatori di “The Affair”, Sarah Treem e Hagai Levi.

  

 

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Pur affastellando le corna e i nuovi amori – traditi a loro volta, oppure traditori con le belle ragazze che passano di lì, ci scappa un pupo da partorire in mezzo a un branco di femministe nemiche dei reparti maternità – le possibilità combinatorie si esauriscono. Alla quinta stagione, l’alternanza dei punti di vista comincia a diventare ripetitiva e stancante. E le versioni contrapposte non sono più tanto contrapposte come all’inizio. Quando la cameriera Alison si vedeva come un’ignara e modesta fanciulla sedotta dal fascinoso romanziere di successo. E quando Noah – che al successo aspirava soltanto, ma per portarsi avanti aveva sposato la figlia di uno scrittore celebre – nella stessa circostanza si vedeva come un onesto padre di famiglia stregato da una Circe in abitino giallo. Questo è l’Adulterio Numero Uno, da cui tutto discende.

 

Anche una bella carriera letteraria, perché Noah (a differenza di Fred McMurray che in “La fiamma del peccato” di Billy Wilder tristemente constatava “ho ucciso per i soldi e per una donna, non ho avuto i soldi e neppure la donna”) il successo lo ottiene. Con un bestseller, dopo aver divorziato dalla moglie Helen – gli consigliano “lo stesso avvocato che ha fatto divorziare Nicole Krauss e Jonathan Safran Foer”. Purtroppo commette l’errore da cui i romanzieri dovrebbero guardarsi: raccontare i fatti propri, e soprattutto l’ultima bollente fidanzata. Non fatelo mai (è il consiglio più disatteso, ci cascano sempre). E soprattutto non invocate Philip Roth: i suoi romanzi sono fiction, non “la vita servita bella calda”. Richiedono fatica e mille frasi girate (divaghiamo, colpa di una grave crisi d’astinenza da cose strepitose).

 

La fissazione letteraria rispunta all’inizio della stagione numero 5 (da ieri su Sky Atlantic, un paio di puntate ogni martedì e in streaming su Now Tv quando vi pare). Noah è a pranzo con l’attore belloccio di successo che vuole dimostrare la propria intelligenza lanciandosi come regista. Ha scelto il romanzo di Noah, e gli fa un sacco di domande personali. Una soprattutto: ma se tua moglie Helen era bella, sexy, madre amorosa, intelligente, di ottima famiglia con villa a Montauk come la descrivi nel libro, perché l’hai lasciata? Si capisce che arriveranno altri guai – la confusione tra vita e fiction ne procura sempre moltissimi. Tanto più che Noah qualche tentativo di ripigliarsi la consorte, tra una fidanzata francese antipaticissima e una simpatica nera con le treccine, negli anni lo ha fatto.

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L’ultimo – ma appunto, siamo solo all’inizio dell’ultima stagione – al funerale di Vik, con cui Helen ha vissuto otto anni. Goffi tentativi che si intrecciano con i litigi da funerale: in questo caso, tra genitori musulmani e defunto indù (lui voleva un po’ dell’uno e un po’ dell’altro rito). Non c’è traccia di Alison l’Adultera Originaria. C’è la di lei figlia Joanie, cresciuta e ormai sposata. Speriamo ci sia sotto un po’ di trama, e non sia solo una scusa per mostrarci come si coltivano le fragole in un elegantissimo futuro.

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