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Meglio del Milan anche l'Eurovision song contest

Così quando dopo nemmeno venti minuti, l’imprendibile musulmano ha fatto mulinare le sue gambette ed è volato a farci il culo, per prostrarsi a terra a ringraziare il suo dio e il suo profeta, io ho cambiato canale.
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Ma come si poteva pensare che tifosi con quarti di nobiltà si mobilitassero per una sfida più fasulla delle comunarie a cinque stelle? Che palpitassero per una banda di scoglionati e uno spogliatoio di cui lo stesso allenatore dice che non ha mai visto nulla di simile in venti anni di carriera? O che addirittura ci si mettesse a sbirciare dall’altra parte, per vedere altri broccoli a chilometro zero che non tirano su le chiappe nemmeno di dieci centimetri, quel tanto che può impedire a un avversario solo e fermo al centro dell’area di inzuccare sotto la traversa.

 

Così quando dopo nemmeno venti minuti, l’imprendibile musulmano ha fatto mulinare le sue gambette ed è volato a farci il culo, per prostrarsi a terra a ringraziare il suo dio e il suo profeta, io ho cambiato canale. Terra rossa. Ma gli ansimanti ripetitivi scambi tra il solito serbo e un giapponese che l’aveva presa seria assai e si difendeva come a Mindanao, erano uno spettacolo ancora peggiore, evidentemente non era serata. E zappando zappando sono incappato nell’unica vera competizione del weekend, dove, ma l’ho saputo dopo, noi italiani siamo tenuti in grande considerazione, siamo tra i big five, grande potenza che è come se fossimo iscritti d’ufficio al girone finale di un mondiale di calcio. Si affrontavano giovani, compositori per giovani, scenografi per giovani, coreografi per giovani, stilisti per giovani, capaci di ispirarsi a Capitan Uncino a Sailor Moon, a Sissi, a Puffetta, per dire la nostra campionessa l’hanno calata dentro una stoffa a corteccia d’albero. Ebbene nella sera in cui volevano farmi credere che questo Milan avesse ancora carte europee da giocarsi, io ho visto l’Eurovision song contest, sigla social Esc, non ne vedevo da quando vinse France Gall, “Poupée de cire poupée de son”, di Serge Gainsbourg con inclinazioni alla Humbert Humbert. 

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Sono grato a RaiUno per questa lunga discesa nel trash contemporaneo che delle nazioni europee e peri europee dice più di tanti rapporti diplomatici. 

 

C’è mancato poco che vincesse una coreana graziosa e molto pop venuta dall’Australia, paese  invitato stabilmente, pare che laggiù l’Eurofestival  vada forte, certamente più delle tournée promozionali del Milan. Per la cronaca: ha vinto l’Ucraina, una cantante come si dice intensa con una canzone contro la deportazione. E il Milan è stato affettato. Anche per noi è tempo di deportazione.

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