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Ritrovarsi sulle scale d’ingresso della fermata Ottaviano

Pierangelo Buttafuoco

Non credeva ai suoi occhi, ieri, Ferdowsi, nel vederli – lui e lei – come fossero canto nella caverna buia senza più parola, come angeli chiamati a nascere nell’Eden de’ poeti

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Chissà che seme si seminò nel tempo – il tempo del tempo – per ritrovarsi, ieri, Bijan e Manijeh, sulle scale d’ingresso della fermata Ottaviano, e restarsene occhi negli occhi, respiro su respiro, bacio su bacio nel batticuore eroico di un senso puro: il dolce vento dell’alba, lei, e una notte di solitudine, lui. Elegante, lei – col suo passo felice, sfogliando Shahnameh – dal turbante irradiava il tumulto. E non credeva ai suoi occhi, ieri, Ferdowsi, nel vederli – lui e lei – come fossero canto nella caverna buia senza più parola, come angeli chiamati a nascere nell’Eden de’ poeti.

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