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Una buona sentenza europea rivoluziona il mercato delle farmacie

Rocco Todero
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L a Corte di Giustizia dell’Unione Europea e la Corte europea dei diritti dell’uomo ci ricordano ciclicamente come siamo diventati un paese all’interno del quale le stramberie più impensabili sono state elevate al rango di pretese e diritti soggettivi che recano l’imprimatur della legge statale. E’ già singolare che in Italia i comuni possano essere proprietari di farmacie e che un’amministrazione pubblica si intesti il diritto di esercitare un’attività commerciale, per quanto d’interesse pubblico. Se a questo si aggiunge che la legge nazionale prevede persino il diritto di prelazione dei farmacisti dipendenti della farmacia comunale nella procedura di acquisto della attività che il comune vuole dismettere, si può comprendere, senza tanta fatica, come la bizzarria appaia ancora di più un’enormità ingiustificabile.

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L a Corte di Giustizia dell’Unione Europea e la Corte europea dei diritti dell’uomo ci ricordano ciclicamente come siamo diventati un paese all’interno del quale le stramberie più impensabili sono state elevate al rango di pretese e diritti soggettivi che recano l’imprimatur della legge statale. E’ già singolare che in Italia i comuni possano essere proprietari di farmacie e che un’amministrazione pubblica si intesti il diritto di esercitare un’attività commerciale, per quanto d’interesse pubblico. Se a questo si aggiunge che la legge nazionale prevede persino il diritto di prelazione dei farmacisti dipendenti della farmacia comunale nella procedura di acquisto della attività che il comune vuole dismettere, si può comprendere, senza tanta fatica, come la bizzarria appaia ancora di più un’enormità ingiustificabile.

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Il comune, in altre parole, mette all’asta la proprietà della farmacia e il medico abilitato dipendente dell’amministrazione pubblica, anche se non partecipa alla gara, può tranquillamente vantare lui il diritto di presentare la stessa offerta che è risultata aggiudicataria a seguito della procedura comparativa. Avrà il diritto di acquistare la farmacia con buona pace degli sforzi di tutti coloro che hanno preso parte alla gara.

La ragione del diritto di prelazione a favore del farmacista “interno” risiederebbe nella tutela della stabilità del posto di lavoro occupato dal dipendente pubblico e nella maggiore affidabilità che egli garantirebbe nella gestione dell’attività di vendita di prodotti farmaceutici. Non è difficile immaginare, pertanto, cosa abbiano potuto pensare i giudici della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel momento in cui hanno dovuto giudicare sulla compatibilità con l’ordinamento comunitario della normativa nazionale che prevede questo indebito privilegio per i farmacisti assunti alle dipendenze delle amministrazioni comunali.

In primo luogo il tribunale ha fatto notare come la tutela della stabilità del posto di lavoro del farmacista che presti attività alle dipendenze dell’amministrazione comunale sia garantita dalla norma nazionale che prevede il trasferimento obbligatorio di tutti i lavoratori dell’azienda alle dipendenze del nuovo proprietario risultato vincitore della gara d’evidenza pubblica.

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In ragione di ciò non vi è alcuna necessità di riconoscere un diritto di prelazione a favore del farmacista dipendente pubblico, poiché la continuità del suo posto di lavoro è comunque assicurata dalla legge.

L’affermazione secondo la quale, poi, colui che già presta attività presso la farmacia messa all’asta dovrebbe offrire maggiori garanzie d’efficienza del servizio di vendita di medicinali, rappresenta secondo i giudici europei una petizione di principio del tutto irragionevole.

Anche l’acquirente che si aggiudicherebbe all’asta la proprietà della farmacia comunale deve possedere, infatti, lo stesso titolo di studio e la medesima abilitazione all’esercizio della professione di cui è in possesso il farmacista dipendente comunale. Cosicché le garanzie di tutela della salute pubblica non possono che essere le stesse, sia se ad acquistare la farmacia fosse un soggetto esterno, sia se il nuovo proprietario fosse un farmacista già lavoratore presso l’esercizio commerciale.

La verità è, conclude la Corte, che siamo davanti a un ingiustificabile privilegio che altera i meccanismi del mercato comune e che impedisce la massima espansione della libertà di stabilimento, pilastro fondamentale del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, e che pertanto deve essere cancellato anche dall’ordinamento giuridico italiano.

Rocco Todero

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