(foto Ap)

un foglio internazionale

Il talebano “inclusivo”

La cecità dell’occidente che sogna una sharia moderata.  I nuovi padroni dell’Afghanistan  l’applicheranno nella versione più rigorista e oscurantista

Certi opinionisti e certe personalità manifestano una singolare indulgenza verso i talebani, mentre i diplomatici occidentali ricorrono a una retorica discutibile. La scandalosa indulgenza dei primi e il vocabolario etereo dei secondi suscitano l’ironia di Anne-Sophie Chazaud. Ricercatrice e saggista, la Chazaud ha pubblicato “Liberté d’inexpression, des formes contemporaines de la censure” (L’Artilleur, 2020). In ottobre, per la stessa casa editrice, pubblicherà “La Nouvelle Révolution culturelle”. Sul Figaro del 19 agosto, Chazaud ha scritto questo articolo. 



Seppur annunciato da ormai molti anni, il ritiro delle ultime forze americane presenti in Afghanistan e, sulla stessa scia, della quasi totalità degli occidentali che si trovavano laggiù, ha assunto i contorni di una débâcle per non dire di una feroce umiliazione. La Storia con la s maiuscola, definitivamente imprevedibile, si è imbizzarrita, la presa del potere da parte dei talebani è stata molto più rapida e folgorante del previsto. La presa di Kabul ricorda la caduta di Saigon, dai tetti delle ambasciate e dall’aeroporto preso d’assalto un panico legittimo si è impadronito sia degli occidentali che hanno lavorato per anni sul campo sia degli afghani che hanno spalleggiato le operazioni degli occidentali, ma anche di coloro che, avendo beneficiato di alcuni progressi (sociali, economici) permessi da questa presenza, non hanno alcuna voglia di ripiombare sotto il dominio di un islam ultrarigorista di triste memoria. Nessuno ha dimenticato la distruzione dei Buddha di Bamiyan, le donne imprigionate in sinistri chadri, private di istruzione, private di tutto, la musica vietata, la danza vietata, gli uccelli vietati, gli aquiloni vietati, le esecuzioni, le torture, le impiccagioni e altri supplizi nello stadio pieno di Kabul, l’uccisione di omosessuali schiacciati sotto muri di mattoni… E’ in questo contesto di semi-caos che certe dichiarazioni occidentali a dir poco sorprendenti hanno accolto la presa del potere da parte dei talebani. 

Alcune anime belle, spesso tempestive quando si tratta di denunciare qualche episodio di islamofobia immaginaria in occidente, fingono di non sapere nulla delle “intenzioni” dei talebani (dixit Mediapart). Altri evocano l’ipotesi di un “cambiamento”: i talebani sarebbero “cambiati” ed ecco alcuni opinionisti occidentali che hanno continuato ad approvare un interventismo tanto ingenuo quanto nocivo (ciò che spinge per esempio Hubert Védrine a qualificare l’Afghanistan come la “tomba del diritto di ingerenza”) ormai inclini a sottomettersi al pragmatismo sprovvisto di qualsiasi forma di intelligenza e lungimiranza. Basterebbe tuttavia osservare il modo in cui sono trattate le popolazioni nelle regioni già occupate dai talebani per rendersi conto che questi ultimi non sono affatto cambiati, anzi la loro brutalità si è piuttosto rafforzata. Il loro obiettivo è l’applicazione della sharia più rigorista e oscurantista possibile. Ci sono stati massacri nelle scuole per ragazze, le quali, una volta raggiunta l’età di sette anni, sono del resto incitate a restare a casa, lontano dai luoghi scolastici trasformati in scuole rigorosamente coraniche. Gli oppositori vengono uccisi, il modo di vestire viene sorvegliato, la lunghezza delle barbe è tenuta sotto controllo etc (…).

Il portavoce del Dipartimento di stato americano Ned Price o ancora il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian hanno curiosamente manifestato il desiderio che i talebani si mostrino “inclusivi”, inclusività assai poco visibile nella prima foto scattata nel palazzo presidenziale. E’ comprensibile l’idea di un pio desiderio secondo cui i nuovi padroni di Kabul sono invitati gentilmente a non mostrarsi troppo repressivi verso le donne, gli intellettuali, gli scienziati, gli oppositori, i membri delle tribù concorrenti etc, e a formare un governo sufficientemente rappresentativo. Ma bisogna ammettere che il confronto semantico tra il concetto woke di “inclusività” e l’aspra realtà dell’islamismo ultrarigorista è a dir poco sconcertante e susciterebbe un sorriso se la situazione non fosse così grave.

I talebani hanno perfettamente capito che l’occidente, attraverso questo tipo di ossessioni sulle questioni di società, era allo sbando e in perdita di potenza. In maniera intelligente, si sono divertiti a riprendere questa semantica, assicurando che, certamente, sapranno mostrarsi “inclusivi”. Immaginiamo che per loro corrisponda allo stesso divertimento prodotto dalle immagini insolite e lunari che hanno fatto il giro dei social network, della loro scoperta di un parco di divertimento e di una palestra: tra lo scontro di civiltà e il burlesque perverso, i talebani cavalcavano dei cerbiatti e dei pony arcobaleno, forse per spassarsela, o forse per ridere di un occidente in totale decadenza, ricordando allo stesso tempo a ognuno la celebre riflessione di Marx riguardo al 18 Brumaio secondo cui la Storia si ripete due volte, la prima come tragedia e la seconda come farsa (…). 

 

Da parte dei circoli virtuosi neofemministi, intersezionali, postcoloniali, indigenisti, razzialisti e dagli altri attori del Wokistan delirante si sente assai poco difendere le donne, gli intellettuali e gli artisti che fuggono dalle tradizioni oscurantiste che questi stessi circoli promuovono volentieri in occidente. Sì, si sentono poco in questi giorni, tranne per difendere per principio la figura del migrante, in opposizione agli annunci di Emmanuel Macron che puntano a evitare una nuova crisi migratoria.  

La traduzione è di Mauro Zanon

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