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Un Foglio internazionale

Il triste mondo del Covid

Le nostre città assomigliano alla Romania di Ceausescu. Poche tentazioni, negozi con file lunghissime, temperature gelide

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Questo articolo è stato pubblicato su Un Foglio Internazionale, l'inserto a cura di Giulio Meotti con le segnalazioni dalla stampa estera

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Questo articolo è stato pubblicato su Un Foglio Internazionale, l'inserto a cura di Giulio Meotti con le segnalazioni dalla stampa estera

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“Con il passare del lockdown, penso sempre di più alle settimane invernali che hanno seguito la caduta dei Ceausescu”, scrive Alec Russell sul Financial Times: “Questo in parte è dovuto alla cupezza di questo gennaio, e alla mancanza di luce e di vita nelle strade di Londra quando esco per la mia passeggiata serale. Non si vedeva alcuna luce – letteralmente – dopo il tramonto a Timisoara, la città nella Romania occidentale da cui è partita la rivoluzione di dicembre 1989 e in cui ho vissuto per gran parte di gennaio 1990. Bucarest, la capitale, era poco più luminosa. Ma ciò che più mi ricorda l’Europa dell’est dell’epoca post-rivoluzionaria è il tempo libero che il lockdown ci ha messo a disposizione – almeno per chi non ha bambini piccoli o non è impegnato nella lotta per conto dell’Nhs. Abbiamo tempo per parlare, leggere e soprattutto pensare; tutte queste attività fiorirono nel regime incolore di Nicolae ed Elena Ceausescu, se non altro perché non c’era molto da fare. Una delle qualità che più mi colpì nella Romania dei primi anni Novanta era la voglia di affrontare le grandi questioni con intensità, profondità e prospettiva. I comunisti avevano represso tante cose, inclusa la libertà di movimento e di espressione. Ma era rimasto un grande senso della storia e una profonda conoscenza degli scrittori classici. Una volta scomparso il vecchio ordine, molti dei princìpi fondamentali che avevamo a lungo dato per scontati in occidente vennero ridiscussi e ripensati. 

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Oggi in Gran Bretagna, non essendo distratti dai viaggi e dall’intrattenimento, siamo tornati indietro nel tempo. Anche noi ci troviamo a discutere dell’equilibrio tra diritti e responsabilità nel modo in cui reagiamo alle restrizioni del lockdown. (Continuo a riflettere sulla più importante lezione romena sulla differenza tra ‘libertà’ e ‘licenza’: ero in macchina nella città di Sibiu in Transilvania, quando sono stato fermato da un poliziotto. Pensando di trovarmi di fronte a un seguace di Ceausescu, ho chiesto con indignazione: ‘Ora non viviamo in una democrazia?’. ‘Sì, certo’, ha risposto cortesemente il poliziotto: ‘Ma anche in una democrazia esistono le strade a senso unico’.) Certo, ci sono delle ovvie differenze tra la mesta Bucarest del gennaio 1990 e la Londra del gennaio 2021. I negozi erano – almeno ufficialmente – ‘aperti’ nella capitale romena, a differenza di Londra oggi. Ma, proprio come i negozi serrati nelle città britanniche, offrivano poche tentazioni. 

 

Dei negozi statali ricordo gli scaffali pieni di barattoli di sottaceti indescrivibili. Quando c’era una consegna, si formavano delle lunghe code dal nulla, sotto una temperatura gelida. L’isteria londinese, che ha portato all’esaurimento di scorte di carta igienica, è ormai solo un ricordo. Ma le file ancora ci sono. Quando sono passato davanti al supermercato Waitrose di Shepherd’s Bush lo scorso sabato, c’erano oltre 60 persone in fila silenziosamente e impassibilmente – sembravano accettare le restrizioni con la stessa notevole tempra con cui i romeni sopportavano una realtà molto più dura. Assisto a una scena simile lungo il Tamigi ogni domenica pomeriggio: una fila di gente a passeggio, da soli o in coppia, a testa bassa, si allunga sulle sponde del fiume. Solo l’assenza dei colbacchi a Londra distingue questa folla da quella romena. Sul fiume ci sono anche dei controllori con la pettorina gialla che osservano i nostri movimenti – con meno timidezza rispetto alla schiva polizia romena dei primi anni post-comunisti.

 

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Durante il lockdown ho iniziato a giocare a carte, in particolare a bridge, per distrarmi dalla monotonia della vita quotidiana – esattamente ciò che facevo in Romania nei primi anni Novanta. Anni fa io e mia moglie abbiamo fatto scoprire il whist e poi il bridge ai nostri figli giovani che solitamente si spostano continuamente da un posto all’altro. Essendo in età universitaria, ora sono chiusi a casa con noi e abbiamo giocato centinaia di partite negli ultimi mesi. Sono ultra competitivi e spietatamente bravi. L’ultima disastrosa sconfitta mi ha fatto ricordare le partite a carte con il mio interprete romeno e i suoi amici a Timisoara. Avevo accolto il loro invito a giocare con grande fiducia. Tuttavia, mi ero dimenticato la storia del bridge in Romania. Valentin, il figlio maggiore di Ceausescu, pare che fosse un giocatore appassionato anche se, nel presunto tentativo di farlo smettere, si dice che i suoi genitori avessero vietato i tornei in tutto il paese. Può darsi, ma il gioco era diventato sempre più popolare e io sono stato ripetutamente umiliato. 

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Malgrado i numerosi paragoni nostalgici, i realisti noteranno giustamente che al giorno d’oggi, con Netflix e tutto il resto, è molto più facile evadere dalla noia. Questa settimana sono brevemente tornato indietro all’epoca pre Netflix. Per 48 ore la nostra rete ha smesso di funzionare e ci siamo trovati in un mondo senza wi-fi. Ho prestato con ancora più attenzione all’intervento di Martha Lane Fox su Bbc Radio 4, in cui ha descritto il wi-fi come un servizio essenziale paragonabile all’acqua. Giusto. Ci siamo affidati temporaneamente all’hotspot – grazie al generoso accesso ai dati offerto dal Ft – a differenza di tante famiglie che fanno fatica a fare studiare da casa i loro figli e nello stesso tempo a vedere trascorrere un altro mese che passa per i membri di questa sfortunata generazione Covid. A poche settimane dall’anniversario del primo lockdown in Gran Bretagna, sono sempre più colpito da quanto la società faccia affidamento sulla forza dello spirito umano. Questo è ciò che il comunismo ha cercato di schiacciare. Ma non ci è riuscito”.

(Traduzione di Gregorio Sorgi)

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