PUBBLICITÁ

Un Foglio internazionale

“Non riconosco più la mia America”

Bari Weiss e la crisi dell’idea che aveva del suo paese. Le colpe degli ideologi di destra e sinistra. Ogni lunedì, segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere

PUBBLICITÁ

Questo articolo è stato pubblicato su Un Foglio Internazionale, l'inserto a cura di Giulio Meotti con le segnalazioni dalla stampa estera

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Questo articolo è stato pubblicato su Un Foglio Internazionale, l'inserto a cura di Giulio Meotti con le segnalazioni dalla stampa estera

PUBBLICITÁ

 

“La nostra è l’epoca della folla e mercoledì una folla ha aggredito il Campidoglio”, scrive la giornalista americana Bari Weiss sul quotidiano tedesco Welt: “Stavolta la gang è stata aizzata dal presidente Donald Trump, l’uomo più potente al mondo che per settimane ha mentito ai suoi sostenitori, insistendo che l’elezione era stata rubata. ‘Andremo al Campidoglio – ha detto mercoledì 6 gennaio in un discorso di settanta minuti davanti ai suoi sostenitori – per cercare di dargli l’orgoglio e il coraggio di cui hanno bisogno per riprendere il nostro paese’. L’avvocato del presidente, Rudolph W. Giuliani, ha partecipato al comizio e ha parlato di un ‘duello di Dio’. Ne è scaturita una scena degna di una repubblica delle banane. La folla ha attaccato la polizia. Hanno distrutto le finestre. Hanno sporcato l’ufficio del più importante funzionario del Senato. Hanno smantellato le stelle e strisce e fatto entrare le bandiere confederate. Hanno fatto delle dirette streaming, scattato dei selfie e si sono vantati con i cronisti di avere rubato alcuni accessori dalla scrivania di Nancy Pelosi. Un uomo indossava una felpa adornata da un teschio e dalle parole ‘Camp Auschwitz: Il lavoro rende liberi’. Il fatto che siano riusciti a fare tutto questo è uno scandalo di cui parleremo in un’altra occasione. Ma alla fine della giornata sono morte quattro persone, tra cui un veterano della Air Force di nome Ashli Babbitt.

PUBBLICITÁ

 

In mezzo al caos – tra i video della folla che aggredisce la polizia e l’immagine indimenticabile di un vichingo dell’era digitale, un uomo a petto nudo che indossa un elmo con delle corna di pelliccia che posa per le foto nell’aula del Senato – il presidente eletto degli Stati Uniti è salito su un podio e ha dichiarato: ‘Noi non siamo questi’. Ho un debole per questo genere di retorica. Datemi i discorsi sui nostri angeli migliori, sull’unione sempre più perfetta, la città luminosa sulla collina, l’ultima speranza migliore sulla terra. Non riesco a stare di fronte al memoriale di Lincoln o pensare alle parole sulla Campana della Libertà senza piangere. Porto una versione tascabile della Costituzione nel mio zainetto. Sono ebrea ma, se è possibile avere due fedi, la mia altra fede è l’americanismo. Sono cresciuta credendo nell’eccezionalismo americano e nella sorta di patriottismo passionale in cui credono coloro con delle storie che non sarebbero possibili in nessun altro luogo al mondo. Sono cresciuta con la fiducia granitica che il nostro sia il più brillante governo costituzionale mai concepito. Tutto ciò che è buono di questo paese è molto più grande di ciò che è sbagliato. Che il governo ‘del popolo, eseguito dal popolo, per il popolo, non scompaia dalla Terra’. 

 

Continuo a scrivere ai miei amici che sono giù di morale. Ma forse sarebbe più giusto dire che sto perdendo la mia religione. Quando ho sentito dire a Joe Biden che questa non era l’America volevo replicare: sicuro che non lo sia? Gli storici studieranno come siamo arrivati agli eventi orrendi del 6 gennaio 2021. Sicuramente il nostro presidente maligno e maniacale sarà una figura centrale in questi racconti. Il discorso di Mitt Romney nell’aula del Senato presenta un quadro molto accurato: ‘Ci riuniamo per colpa dell’orgoglio ferito di un uomo egoista e l’orrore commesso dai sostenitori che lui ha deliberatamente fuorviato negli ultimi due mesi e ha aizzato questa mattina’. I pessimi fiancheggiatori del presidente Trump, tra i quali i senatori Ted Cruz e Josh Hawley, avranno un ruolo importante in questa storia sordida. Ma il quarantacinquesimo presidente e i suoi tirapiedi non sono stati i soli a normalizzare il genere di violenza politica a cui abbiamo assistito mercoledì 6 gennaio. Quello è stato il lavoro di molti. 

 

PUBBLICITÁ

L’internet ci richiede di vivere in uno stato di immediatezza costante, e così la notizia di mercoledì mattina è stata presto sostituita dal rapido flusso delle notizie. Ma, se potete, provate a tornare indietro agli eventi di quest’estate. Dopo l’uccisione di George Floyd per mano della polizia, sono scoppiate delle grandi proteste in molte città americane. Ma le proteste pacifiche non sono state l’unica attività di quest’estate: i danni causati dalle manifestazioni, che superano un miliardo di dollari, sono i più cari nella storia delle società di assicurazioni. Le statue di George Washington e Frederick Douglass sono state buttate giù dalle folle su di giri. Molte attività commerciali sono state distrutte. I deputati sono stati importunati dalla folla. Nell’oscurità della notte, i manifestanti hanno marciato lungo le strade residenziali e preso di mira le case che avevano commesso il peccato di esporre una bandiera americana. A giugno la polizia di Seattle ha abbandonato il distretto di Capitol Hill e il mese successivo gli anarchici hanno creato una zona autonoma governata dai guerriglieri americani. 

PUBBLICITÁ

 

Ci è voluta l’uccisione di due adolescenti neri senza armi per suscitare una reazione da parte del governo. A luglio un tribunale di Portland è stato preso d’assalto dai manifestanti. L’idea lunare di ‘abolire la polizia’ è stata discussa da molti giornali autorevoli. Un libro intitolato ‘In difesa del saccheggio’ è stato pubblicato da Hachette, una prestigiosa casa editrice, in cui l’autore sosteneva che gli ebrei e i coreani fossero il volto del capitale e che il saccheggio fosse un reato senza vittime. ‘Distruggere la proprietà, che può essere sostituita, non è una forma di violenza’, ha dichiarato un ex vincitore del Premio Pulitzer.  E in quello che resta uno dei divari più surreali tra la realtà e la narrazione, un giornalista della Cnn si è collegato da Kenosha davanti alle fiamme mentre la scritta in sovrimpressione diceva: ‘Protesta accesa ma pacifica’.

PUBBLICITÁ


 Queste erano le contorsioni linguistiche e morali. Dovevamo sottometterci all’idea insidiosa che questo nichilismo era ‘la lingua degli esclusi’. La dialettica era violenta, ci spiegavano gli intellettuali della ragione, ma la violenza, se eseguita dalle persone giuste con le giuste idee politiche e i giusti bersagli, era qualcosa di vicino alla virtù. Non sto cercando di assolvere una parte puntando il dito contro gli avversari. Racconto un contesto cruciale per inquadrare gli eventi imperdonabili del 6 gennaio. Le norme erano già state violate. Vivevamo già nell’irrealtà. Questo è ciò che so: l’ordine liberale nel quale sono cresciuta, retto da repubblicani e democratici, liberal e conservatori, si sta sgretolando. Questo era l’ordine secondo cui tutte le persone venivano create nell’immagine di Dio ed erano dunque uguali davanti alla legge; che riconosceva il valore e la sacralità dei diritti dell’individuo su quelli del gruppo; che insisteva nel giudicare una persona per le proprie azioni e non per le proprie origini; che sosteneva il giusto processo e la presunzione di innocenza; che ripudiava la giustizia sommaria; che celebrava il pluralismo, la tolleranza e le differenze come ragioni di forza; che vedeva la libertà di pensiero, fede e parola come dei capisaldi della nostra democrazia; che sosteneva che la vera giustizia consistesse nell’uguaglianza delle opportunità ma non nell’uguaglianza dell’esito. 

 

Questo consenso liberale sta morendo per colpa di ideologi di destra e di sinistra che odiano i loro avversari più di quanto non amano il loro paese, che venerano il loro potere più di quanto non venerano il bene comune, la nostra storia comune e la nostra identità condivisa di americani. Nel mezzo della guerra civile, Lincoln ha detto che gli Stati Uniti sono l’ultima speranza sulla Terra e sono cresciuta, come milioni di altre persone, credendo a questa affermazione e rispettando coloro che si sono sacrificati per tutto ciò. Non è una coincidenza che molti vandali americani abbiano cominciato distruggendo la sua statua e stiano adesso invadendo l’edificio dove lui è diventato famoso portando la bandiera di coloro che hanno cercato di distruggere la nostra unione. Questa eredità sacra è finita sotto attacco, mentre l’America rischia di diventare l’ennesimo paese a essere distrutto dalle spaccature del Ventunesimo secolo. Un nuovo ordine deve essere costruito, anche se non sarà possibile riuscirci entro la nostra vita”.

 

(Traduzione di Gregorio Sorgi)

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ