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un foglio internazionale

“Perché ho lasciato il Guardian”

Suzanne Moore, storica firma del quotidiano inglese accusata di “transfobia”, racconta com’è andata. “Sono stata censurata più dalla sinistra che dalla destra”

    Ogni lunedì, segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere, a cura di Giulio Meotti


       

    "Siamo nel marzo 2020. Da vari mesi provo a scrivere qualcosa – qualunque cosa – sul cosiddetto ‘dibattito sui trans’”. Così inizia su UnHerd il lungo articolo di Suzanne Moore, ex giornalista del Guardian costretta a lasciare il quotidiano per le sue tesi giudicate offensive sui trans. “Ma ogni qualvolta scrivevo che l’esperienza femminile appartenesse a persone con corpi femminili, la frase veniva cancellata in redazione. I miei capi dicevano delle cose del tipo: ‘Questo non aggiunge nulla al tuo articolo’, oppure ‘è una distrazione dalla tua tesi”’. La scrittrice ripercorre e analizza gli avvenimenti che hanno portato alla sua separazione dal Guardian. 

      

    “Perché mi sono esposta? Non ho nulla contro i trans. Da femminista credo che il sesso sia una costruzione sociale che può essere ricostruita. Tuttavia, mi trovavo di fronte a un nuovo conservatorismo, la vendetta degli stereotipi di genere. Rosa e blu. Giocattoli per maschi e femmine. I modelli femminili, come Samantha Cameron e Kate Middleton, erano muti. La nostalgia era ovunque, vestita da ironia. 

      

    Durante la crisi dell’Aids ero attiva nella politica queer. Eravamo tutti dalla stessa parte contro un mondo eterosessuale che odiava l’omosessualità e le donne a favore dell’uguaglianza. Poi quel mondo si è frammentato. L’alleanza queer era fragile e le teorie sono iniziate a diventare più importanti della pratica. Allo stesso tempo, le donne hanno iniziato a progredire nel luogo di lavoro imitando gli uomini. I ruoli di genere stavano diventando sempre più fissi nonostante gli attivisti gay avessero ottenuto la ‘vittoria’ del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Negli anni Ottanta e Novanta è nato un nuovo tipo di femminismo, in cui le donne in carne e ossa e i nostri desideri sono diventati un po’ noiosi. Un femminismo senza donne. Fai crescere un figlio dentro il tuo corpo, fallo uscire e poi dimmi se questa è una costruzione. Credo semplicemente che i corpi esistano. Ho visto persone nascere e morire. So cosa succede quando i corpi non funzionano più: come chiamare la mia visione? Materialismo? 

     

    Con l’arrivo dell’ideologia trans, mettere in dubbio questo principio ha significato mettere in dubbio ‘il diritto di esistere dei trans’ – come è possibile? Ovviamente esistono! Tuttavia, in qualche modo anche il moralismo è entrato nel dibattito. Per essere buoni – ovvero moderni – non bisognava mettere in dubbio la nuova ortodossia trans. Il sesso non era più binario ma uno spettro, e la gente non doveva cambiare il proprio corpo per rivendicare una nuova identità. Non ero d’accordo. Nel 2018 l’atmosfera era diventata velenosa. Un ex opinionista del Guardian ha risposto così a un mio articolo: ‘Hai animato una disgustosa transfobia, hai detto che l’islamofobia è un mito e hai abusato pubblicamente degli attivisti di sinistra’. Questa persona ha aggiunto che mi sentivo insicura perché ‘una nuova generazione di giovani di sinistra ha capito lo spirito dei tempi’. Non comprendevo l’accusa di islamofobia. In generale riconoscevo che la possibilità di avere un governo di sinistra fosse eccitante ma, a differenza di metà del giornale, non credevo che Corbyn avesse vinto nel 2017.  Eccoci qua. Ecco che arriva la ‘nuova generazione’: la nuova sinistra, uguale a quella vecchia. Piena di misoginia e di imbecilli con l’intelligenza emotiva di un mollusco. Misoginia in nome del socialismo. Di nuovo”.

       
    Moore dice di non essere infastidita dal fatto che molti uomini trans pretendono di usare i bagni per le donne. E’ un fenomeno talmente minoritario, spiega la giornalista del Guardian, che non rappresenta un pericolo reale. “No, ciò che non mi piaceva e non mi piace è la cancellazione dei corpi femminili e delle voci femminili. Ciò che mi importa maggiormente è il diritto delle donne di mobilitarsi come una classe, una classe sessuale oppressa da un sistema patriarcale. Oppressa dagli uomini, a volte anche da quelli buoni. Il femminismo deve sapere parlare dei corpi. Molte delle conquiste delle donne – i diritti riproduttivi, una maggiore scelta su come partorire, il dibattito sulla mestruazione e la menopausa – dipendono dalla biologia, quella biologia che ora ci viene detto sia irrilevante. Il clima morale è passato dall’idea che ‘i diritti dei trans sono qualcosa di cui dobbiamo discutere e dobbiamo sostenere i trans in tutti i modi possibili’ alla negazione del fatto che questi diritti possano entrare in conflitto con quelli delle donne. Molti amici venivano minacciati, esclusi dal dibattito nelle scuole e nelle università se mettevano in dubbio ciò che era diventato un dogma. 

      

    Nel marzo 2020 un grande direttore mi ha concesso di scrivere un articolo su come le donne contrarie alla teoria del gender volessero rivendicare i loro diritti fondamentali. Prendevo spunto dal caso di una professoressa, Selina Todd, che era stata esclusa da un evento a Oxford. Ho notato, riferendomi a questo caso, che sono sempre le donne, e mai gli uomini, a perdere il posto di lavoro, lo stipendio e il diritto di esprimersi quando mettono in dubbio il pensiero dominante. Ho sostenuto che il sesso biologico fosse reale e che comprendere la scienza non fosse un atto transfobico. Pensavo che quell’articolo fosse piuttosto morbido. E’ stato pubblicato. Successivamente ho scoperto che tante persone sui social mi ringraziavano per avere detto ciò che andava detto. E poi tante altre si auguravano che morissi in un fosso. Ancora. Ho subito questi abusi per gli ultimi sette anni, senza che nessuno del Guardian me ne avesse mai parlato. Sono andata avanti. Gli interessa? Perché dovrebbe? Dovrebbe interessargli se davvero volessero una maggiore ‘diversità’ nel giornalismo, ma questa è una menzogna che i liberal si raccontano. Come fai ad assumere i figli della working class se poi li biasimi perché non conoscono i codici del giornalismo? Se non sei disposto a tollerare le eresie degli outsider? Sono stata censurata più dalla sinistra che dalla destra e non provo alcun piacere ad ammetterlo. La pigrizia intellettuale è il mio più grande timore; questo inconsapevole attaccamento a un’ortodossia semplicistica. Ero stata uno degli argomenti di conversazione alla ‘conferenza’, la riunione mattutina aperta a tutti: redazione, digitale, marketing. Non vado mai in ufficio, e non vado mai alla riunione, ma si era detto che una donna trans, che si era già dimessa alcune settimane prima, si era dimessa nuovamente perché le mie parole, il mio articolo, l’avevano turbata. A quanto pare l’opinionista Hadley Freeman mi ha difeso e di questo gli sono grata. Mi è sembrata una circostanza spiacevole per tutte le persone coinvolte. Mi dispiace per ciò che è successo. Nessuno ci crederà, ma è così. 

     

    Poi è arrivata una lettera al direttore, che ha espresso sdegno per il fatto che il Guardian fosse così ostile verso i diritti dei trans. Non sono mai stata nominata, ma era chiaramente una reazione al mio articolo. Dalla lettera era chiaro che non fossero solamente gli attivisti dei social a volermi fuori dal giornale. Ero finita nel mirino dei miei stessi colleghi: è tempo di lasciare il mio posto alla giovane truppa di Corbyn che passa la propria vita a insultare i giornaloni ma non vede l’ora di diventarne parte. Riescono a scrivere una frase decente? Dire qualcosa che gli viene dal cuore? Tutto questo importa? A quanto pare no, l’importante è che pensino le cose giuste.

    In un mondo ideale non dovrebbe essere necessario operarsi per trarre una maggiore mascolinità o femminilità. Siamo lontani da questo mondo e rispetto le scelte di chi si sottopone a questo procedimento lungo e difficile, spesso in circostanze impossibili. Sono persone molto, molto coraggiose. Ciò che ho detto al giornale è che se noi non teniamo conto di questo dibattito lo farà la destra, e questo è esattamente ciò che è successo. Lo Spectator e il Times hanno raccontato delle storie che noi abbiamo ignorato; ho potuto scrivere ciò che volevo sul Telegraph. Il giornalismo investigativo deve indagare su argomenti inesplorati. Perché non possiamo farlo? La sinistra liberal non sembra virtuosa ma ingenua… La censura continua e non riesco a sopportarla. Ogni giorno una donna perde il proprio posto di lavoro e una strega viene bruciata su Twitter. 

     

    Il mio timore non riguarda i trans ma un’ideologia che comporta la cancellazione delle donne – non solo della parola, ma dell’abilità di identificare e descrivere la nostra esperienza. Un poster di Amnesty a sostegno degli scioperi delle donne in Polonia, ha tradotto la protesta di migliaia di donne contro l’inasprimento della legge sull’aborto nel seguente modo: ‘Siamo al fianco delle persone in Polonia?’. Quale gente? Le donne costrette a dare vita a un bambino morto con dei difetti fetali? Potete denunciarmi quanto volete ma non potete negare che per tutta la mia vita ho vissuto in questo corpo femminile. Non potete dirmi che questo non è reale. Questa, dunque, è la storia di una donna giornalista che ‘ce l’ha fatta’, e non ha mai creduto che sarebbe stato semplice. Lo stereotipo vuole che col passare del tempo ci si sposta da sinistra a destra. Nel mio caso non è successo questo: negli anni sono diventata più socialista, non meno. In questa epoca paurosamente reazionaria, non sarò né paurosa né reazionaria, ma mi concentrerò sulle donne, i bambini e la possibilità della libertà”.

     

    (Traduzione di Gregorio Sorgi)