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Un Foglio internazionale

Douglas Murray: “La nuova guerra culturale è stata dichiarata”

Perché l’uccisione deplorevole di George Floyd ha provocato saccheggi e violenze a Stoccolma e a Bruxelles

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Questo articolo è stato pubblicato su Un Foglio internazionale, l'inserto settimanale a cura di Giulio Meotti con segnalazioni dalla stampa estera

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Questo articolo è stato pubblicato su Un Foglio internazionale, l'inserto settimanale a cura di Giulio Meotti con segnalazioni dalla stampa estera

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In occasione dell’uscita in Francia del suo libro, “La Grande Déraison” (L’Artilleur), l’intellettuale britannico Douglas Murray ha rilasciato una lunga intervista al mensile Causeur. La Grande Déraison” esce in questi giorni in francese, ma l’edizione originale in cui lei individua i metodi attraverso i quali la sinistra radicale ha strumentalizzato le cause delle donne, delle persone Lgbt e delle minoranze etniche, ha già un anno. Insomma, l’attualità ha confermato la validità delle sue analisi. Lei presagiva l’ondata di isteria collettiva a cui stiamo assistendo da alcuni mesi? Douglas Murray – Pensavo che sarebbe arrivata, ma non così rapidamente! Il nostro principale problema è la “sovracompensazione”. Possiamo tutti convenire sul fatto che, storicamente, le persone Lgbt, così come le donne e le persone di colore, abbiano subìto dei pregiudizi e delle discriminazioni. Ma la risposta attuale è la politica della reazione eccessiva temporanea. Si può paragonare ciò che ci sta accadendo al movimento di un pendolo. Un anno fa, ho avuto il presentimento che, invece di tornare verso un equilibrio, ci stavamo inclinando ancora di più verso la direzione dei gruppi rivendicatori – e non è finita. La maggioranza dei nostri concittadini, di destra come di sinistra, è d’accordo con questa affermazione: ogni persona, a prescindere dal suo sesso, dalla sua sessualità o dal colore della sua pelle, deve poter ottenere ciò che le sue competenze e la sua ambizione gli permettono. Ma a sinistra, si sostiene che dei gruppi importanti si adoperino per impedire a queste persone di diventare medici, avvocati o politici.

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La sinistra sostiene anche che la destra è razzista, sessista e omofoba, che sogna un mondo dove le donne sarebbero sottomesse agli uomini, l’omosessualità sarebbe illegale e i neri dei cittadini di terza classe. Si tratta dunque di compensare, anzi di sovracompensare, attraverso le quote e la discriminazione positiva, in particolare al momento dell’assunzione, i torti fatti alle minoranze. A destra, dobbiamo mostrare che questo approccio non farà altro che esacerbare le divisioni e l’angoscia generale. Purtroppo abbiamo lasciato che si insediasse l’impressione che il dibattito oppone una sinistra antirazzista e una destra razzista. In che modo gli estremisti sono riusciti a prendere in ostaggio le nostre istituzioni, i nostri media e i nostri politici? Facendo leva su un malessere generale di fronte alle differenze! Dinanzi alle reali differenze che esistono tra le persone, due comportamenti sono possibili: si può tendere verso una loro cancellazione, o alimentarle. L’ambizione dei liberali è quella di eliminare la differenza o quantomeno di renderla priva di importanza. Ma alcuni soggetti in malafede cercano oggi di esacerbare, manipolare e snaturare le divisioni. Le nuove femministe, molto di più rispetto a coloro che le hanno precedute, fomentano intenzionalmente le tensioni tra uomini e donne. Lo stesso vale per gli antirazzisti.

 

Insomma, che si tratti di razza o di genere, siamo attorniati da falsi pompieri che in realtà sono veri piromani. Il movimento Black lives matter, che non si trova né in Africa né in Asia, è un puro prodotto dell’occidente liberale, del capitalismo tardivo, globalizzato. E’ il prodotto di un mondo – per ritorcere contro i progressisti una delle loro parole feticcio – “privilegiato”. Paradossalmente, c’è un certo genio in questa strategia che consiste nel focalizzarsi su questioni che preoccupano i cittadini ordinari. In Francia così come nel Regno Unito, la maggior parte di noi sa che non tutto è perfetto nel passato della nostra nazione. E invece di dire, in maniera più che ragionevole, che non siamo responsabili delle turpitudini dei nostri antenati, ascoltiamo la voce della nostra presunta colpevolezza. Ciò ci rende vulnerabili. La sinistra sa che parla a un pubblico intimidito, pronto ad addossarsi qualsiasi accusa oltraggiosa. E ne approfitta.

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Abbiamo evocato la strategia, fino a questo momento vincente, della sinistra radicale, dei “woke”, come si dice. Quale strategia bisogna adottare per combatterla? Anzitutto bisogna distinguere, per quanto riguarda il nostro passato, le critiche giustificate da quelle deliranti. Bisogna indicare e sanzionare i falsificatori. Dovrebbero pagare un prezzo sociale per le loro menzogne. La loro reputazione dovrebbe soffrirne. In seguito, bisogna avere il coraggio di rifiutare i paragoni tra Europa e Stati Uniti. Non c’è alcun motivo per cui l’uccisione di George Floyd, per quanto tremenda possa essere stata, da parte di un poliziotto del Minnesota, provochi saccheggi a Stoccolma e scontri a Bruxelles. Subiamo dappertutto le ripercussioni di problemi specificatamente americani. Ragion per cui la questione della razza è divampata in modo così rapido da quando ho scritto “La Grande Déraison”. Siamo troppo impregnati dell’idea che esista veramente una “colpa bianca”, come la chiama Robin Di Angelo.

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(Traduzione di Mauro Zanon)

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