Come tessere di un domino

Alessandro Litta Modignani

Zigmunds Skujins Iperborea, 364 pp., 18,50 euro

Iperborea apre il suo catalogo al filone della letteratura lettone, con un autore e un libro di particolare qualità e spessore. Scritto nel ’99, Come tessere di un domino è il romanzo storico che più ha contribuito a fare di Zigmunds Skujins, nato a Riga nel 1923, un grande punto di riferimento intellettuale e morale nella Lettonia di oggi. In pochi anni, esso è diventato il romanzo nazionale per eccellenza (un po’ come era accaduto in Yugoslavia a Ivo Andric con Il ponte sulla Drina, dopo la Seconda guerra mondiale).
Il libro corre lungo un doppio binario, uno settecentesco l’altro novecentesco, a capitoli alterni. Indietro nel tempo, un’aristocratica tedesco-baltica, giovane vedova, vaga sulle tracce del marito dato per morto in battaglia, poiché Cagliostro in persona le ha rivelato che in realtà egli vive. Incontra un altro ufficiale, compagno d’armi del marito, che le racconta di essere rimasto gravemente ferito insieme a lui, al punto che, dei due uomini orrendamente mutilati, non si è potuto ricucirne insieme che uno solo. E poiché il congiunto della nobildonna sopravvive solo nella parte di sotto, non è difficile immaginare gli sviluppi successivi.
Nell’altro racconto, fortemente autobiografico, tutte le tragedie del Novecento sono filtrate attraverso lo sguardo ingenuo e incredulo di un adolescente, che assiste sgomento all’avanzare dell’irrazionalità e della follia. Skujins ricorre con grande verve all’arte del grottesco, per descrivere in tono lieve e paradossale gli orrori più indicibili. Il popolo lettone viene come investito dalla tempesta del Male. Dapprima i nazionalisti cacciano le persone di origine tedesca; in seguito arrivano, con i sovietici, le deportazioni di massa. Poi è la volta dei nazisti: gli ebrei lettoni vengono imprigionati, concentrati e atrocemente sterminati. Con il ritorno dei comunisti, si impone definitivamente l’ordine totalitario. Si può sfidare la sorte una, due, tre volte, sembra dire l’autore, ma non ci si sottrae al proprio destino.
Come è stato scritto, c’è molto Italo Calvino nei personaggi di Skujins: c’è chi torna dimezzato dalla guerra, e ci sono destini che si incrociano stranamente, nell’antica magione alla periferia di Riga. Come due parallele che si incontrano solo all’infinito, anche le due parti del romanzo finiscono per confluire in un finale a sorpresa delicato e commovente. La doppia ambientazione si risolve in una bizzarra saga familiare, e anche la tragedia ebraica avrà un imprevisto supplemento di rappresentazione, sospeso fra giustizia e vendetta.
“Ancora pochi mesi e comincerà il XXI secolo. La Lettonia ha ottenuto l’indipendenza, ma fatichiamo ad abituarci a questa situazione inconsueta. Per i popoli vivere sotto governanti stranieri ha sempre significato vivere con una parte superiore estranea. Se ciò accade spesso e a lungo, i geni programmano la situazione facendone la norma: noi siamo la parte di sotto. (…) Noi lettoni per centinaia di anni siamo stati messi alla prova nella nostra resistenza e nella speranza che riotterremo la nostra parte superiore perduta, e che una volta per tutte impareremo a custodirla con rispetto”. 

   

COME TESSERE DI UN DOMINO
Zigmunds Skujins
Iperborea, 364 pp., 18,50 euro

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