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Il Figlio

Sabotare il registro elettronico e non trattarli da asini: regole per liceali

Laura Marzi

Il Covid e la digitalizzazione hanno depotenziato la libertà di pensiero e di ribellione degli alunni

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I genitori hanno fatto spesso da prof. in questi ultimi due anni, e i prof. hanno fatto anche da genitori di alunni e alunne stremati da un evento che non solo ha impedito loro di vivere nel mondo, di uscire, ballare, innamorarsi, ma li ha trasformati anche in soggetti pericolosi e irresponsabili, che diffondono il contagio nelle fasce  più fragili.

Eppure c’è un confine netto tra l’insegnamento e la genitorialità, o meglio ci dovrebbe essere. Di recente ho insegnato in un liceo scientifico, era da tempo che non mi capitava. Lo scenario di fronte al quale mi sono trovata prima mi ha scandalizzata, poi atterrita e infine intenerita. A scioccarmi è stato il livello di conoscenze di base dei miei alunni e delle mie alunne: essendo l’ultima arrivata, mi è toccata una cattedra assurda: 18 ore di latino, 6 classi, con ragazze e ragazzi che tornavano sui banchi di scuola dopo quasi due anni di didattica a distanza.

I miei alunni e le mie alunne di seconda, terza, quarta liceo non sapevano (nemmeno le più brave e i secchioni), le declinazioni, le coniugazioni. Nella maggior parte dei casi non avevano idea del funzionamento della lingua: perché ci sono i casi, in latino? Senza scoraggiarmi, ho cercato di tornare alle origini, alla grammatica italiana, e nel giro di qualche giorno ho accumulato materiale sufficiente a una nuova edizione di un bestiario. Quando ho definitivamente realizzato che di fronte a me c’erano dei liceali che non sapevano dell’esistenza in italiano dei gradi dell’aggettivo (comparativo, superlativo) e che non leggevano un libro se non duramente costretti, mi sono scandalizzata.

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Lo scandalo è passato in fretta: è del tutto controproducente nell’insegnamento. Ho trovato altre strade: ho messo da parte le traduzioni, ho tenuto in conto qualche sfondone, ma sono riuscita a instaurare un dialogo con le mie classi, sui miti a cui si ispirava Ennio, le giustificazioni di Cesare, l’intelligenza di Sallustio Ad atterrirmi, infatti, non è stata l’assenza di conoscenze fondamentali che i liceali di soli dieci anni fa avevano. E’ stata l’infantilizzazione: gli alunni avevano l’obbligo di firmare un registro ogni volta che andavano in bagno e poi quando rientravano, il divieto di un caffè alle macchinette, di spostarsi dall’angolo recintato del cortile destinato alla classe per l’intervallo.

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Il registro elettronico è il Grande Padre: non possono fare filone a scuola, ché i genitori li controllano. Vedono i voti, le verifiche, i compiti. Sono stata ripresa e poi è stata scritta una circolare ad hoc perché ho fatto entrare in classe due ragazzi in ritardo di 20 minuti, due sedicenni che invece avrei dovuto spedire in presidenza, affinché venissero chiamati i loro genitori. Se non erano raggiungibili e/o non davano il consenso i due dovevano essere rimandati a casa, perché è più importante l’autorizzazione del seguire le lezioni.

Certo, il Covid ha complicato la situazione, ma la deriva di depotenziare la libertà di pensiero, di ribellione, degli alunni e delle alunne sì, mi ha atterrita. E a niente ha valso il mio tentativo inconscio di sabotare il registro elettronico non compilandolo o facendolo erroneamente: ogni volta venivo ripresa da una Grande Sorella che si occupava di tenere noi insegnanti sulla retta via. Però, mi ha intenerita osservarli seguire le regole, adeguarsi alla difficoltà della situazione e all’isteria di colleghe e colleghi, stremati dalla situazione e ossessionati dalla necessità di svolgere il programma e racimolare voti, prima di una nuova Dad. Mi ha intenerito l’impegno, una volta capito come insegnare loro il latino senza farli sentire degli asini e delle capre, ma giovani esseri umani alle prese col grande dilemma: ha ragione Plauto che non bisogna fidarsi di nessuno o Terenzio, che ci spinge a comprendere tutti? Scegliete voi, che siete grandi.

Laura Marzi, è appena uscito per Mondadori “La materia alternativa”

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