PUBBLICITÁ

Il dolore vent’anni fa e oggi, una donna inginocchiata in bagno

Annalena Benini

Non esistevano le notifiche di Instagram e non ho visto niente. Le urla di mia madre

PUBBLICITÁ

 Vent’anni fa io non ho visto niente. Non ho visto il fumo, non ho visto gli aerei entrare dentro le Torri. Mia figlia non ci crede, è contrariata, mi dice sei sicura, come è possibile? L’11 settembre è di tutti, anche di chi non era nato, anche di chi non riesce a concepire che allora non esistessero i video e le notifiche di Instagram.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


 Vent’anni fa io non ho visto niente. Non ho visto il fumo, non ho visto gli aerei entrare dentro le Torri. Mia figlia non ci crede, è contrariata, mi dice sei sicura, come è possibile? L’11 settembre è di tutti, anche di chi non era nato, anche di chi non riesce a concepire che allora non esistessero i video e le notifiche di Instagram.

PUBBLICITÁ

  
Tremila vite disintegrate in aria mentre io mi trovavo in aria: quando il mio aereo è atterrato, l’undici settembre era già successo. L’aeroporto di Londra era quasi deserto e io sentivo benissimo le parole attentato, terroristi, e ho visto una donna con i capelli rasta e i pearcing in faccia che singhiozzava nel bagno, parlando al telefono, inginocchiata per terra. Solo allora ho finalmente riacceso il mio, che aveva i tasti di gomma e un’antenna lunga, e appena l’ho acceso è squillato, ed era mia madre che urlava e piangeva. Era scoppiato il mondo e io ero in aereo, mi aveva chiamato cinquecento volte, mi aveva scritto decine di sms che mi stavano arrivando tutti insieme con dei trilli potenti che facevano anche una specie di eco, ed era disperata, pensava che anche io mi stavo disintegrando. Vedeva quelle persone volare giù e me le urlava dentro il telefono con l’antenna: il telefono  nel mio ricordo sobbalzava con la sua voce mentre io urlavo a mia volta che non sapevo niente, come potevo, e che ero nel bagno dell’aeroporto e avevo  il telefono quasi scarico e ci sentiamo domani, basta, non puoi fare così. Vent’anni dopo, mentre lo racconto a mia figlia, viene da urlare anche a me. Vent’anni dopo mia figlia dice: aveva ragione la nonna. Certo che aveva ragione la nonna, che non era ancora nonna, era solo mia madre. Urlava che c’era la fine del mondo e lei non sapeva neanche dove si fosse ficcata sua figlia. Aveva pochi anni più di me adesso e non esisteva la funzione di whatsapp: condividi la tua posizione, che io comunque non avrei mai usato e che invece mia figlia deve usare sempre, perché ha l’obbligo stabilito da me.

  
 Mentre io faticavo a rendermi conto di quello che era successo, la donna con i capelli rasta non era più al telefono, ma rimaneva a terra e ripeteva solo: “Jesus Christ”, ansimando, e non mi rispondeva e non alzava gli occhi, allora io ho cercato qualcuno che la aiutasse perché da sola non sapevo che fare, e quando è arrivato il personale dell’aeroporto sono quasi scappata, senza più guardarla, senza voltarmi. Sono andata alla stazione dei pullman ad aspettare il mio, e ancora non avevo visto nessuna immagine dell’11 settembre, non ne avrei viste fino alla sera tardi. Mi giravano nella testa solo: “Jesus Christ”, e le urla di mia madre. Poi ho visto.

  
Il mondo è davvero finito quella mattina, che per me era un pomeriggio di solitudine nervosa   tra Berlino e Londra, ed è ricominciato solo un po’ di ore dopo, e ha galoppato fino a qui, con quel peso addosso e con nuove barbarie. Mia figlia si è arrabbiata anche perché non so nemmeno che cosa sia successo, dopo, alla donna che ripeteva Jesus Christ, e perché singhiozzava. Singhiozzava perché il mondo era finito per tutti, ma per lei era finito attraverso una vita disintegrata o scomparsa, di cui le avevano appena dato la notizia al telefono,  almeno questo io credo di saperlo. Magari invece poi il suo telefono è suonato di nuovo, mi ha detto mia figlia, magari quella persona ce l’ha fatta. E in effetti ha ragione, non ci avevo più pensato, ma una donna che piange inginocchiata sul pavimento del bagno, per me quello è il dolore di vent’anni fa e di oggi.   
       
     

PUBBLICITÁ
PUBBLICITÁ