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il figlio

Terranova e Mattotti, uniti dalla lampada di Aladino e dai desideri che muovono il mondo

Gaia Manzini

Il racconto illustrato, edito da Orecchio Acerbo, recupera tutti gli evocativi dettagli della storia originale, quella contenute nelle Mille e una notte

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Ogni volta che si avvicina dicembre, arriva il momento della lettera a Babbo Natale. Non penso che mia figlia – dieci anni – creda ancora al panciuto signore che vive in Lapponia e si sposta volando su una slitta, ma non mi azzardo a fare dell’ironia: so che la lettera è un esercizio più importante di qualsiasi verosimiglianza. Quello che negli anni dell’infanzia alimentava la meraviglia, è diventato una tradizione, dunque un rituale: il rituale del desiderio. E così sedersi alla scrivania per un’oretta e fare un piccolo elenco di quello che si vuole – perché considerato irrinunciabile –, è una tappa importante della sua crescita. Eppure non sempre risulta facile, non sempre le è possibile individuare qualcosa che le manca per davvero. Non so dire se sia un segnale positivo o negativo. So solo che l’importante è allenarsi fin da bambini a esprimere desideri, a esprimere quelli giusti, quelli che vanno oltre il consumismo e riescono a spostare la vita un po’ più in là.

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Ogni volta che si avvicina dicembre, arriva il momento della lettera a Babbo Natale. Non penso che mia figlia – dieci anni – creda ancora al panciuto signore che vive in Lapponia e si sposta volando su una slitta, ma non mi azzardo a fare dell’ironia: so che la lettera è un esercizio più importante di qualsiasi verosimiglianza. Quello che negli anni dell’infanzia alimentava la meraviglia, è diventato una tradizione, dunque un rituale: il rituale del desiderio. E così sedersi alla scrivania per un’oretta e fare un piccolo elenco di quello che si vuole – perché considerato irrinunciabile –, è una tappa importante della sua crescita. Eppure non sempre risulta facile, non sempre le è possibile individuare qualcosa che le manca per davvero. Non so dire se sia un segnale positivo o negativo. So solo che l’importante è allenarsi fin da bambini a esprimere desideri, a esprimere quelli giusti, quelli che vanno oltre il consumismo e riescono a spostare la vita un po’ più in là.

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Sono i desideri a muovere la nostra esistenza, a proiettarci fuori da noi stessi, a consentirci di alzare lo sguardo. La storia di Aladino per me ha sempre parlato di questo. Nadia Terranova, con la sua scrittura incisiva e piena di ritmo, e il grande illustratore Lorenzo Mattotti (tra le cose bellissime, La famosa invasione degli orsi in Sicilia, film d’animazione tratto dal romanzo di Buzzati), ci propongono ora una bella riduzione di Aladino e la lampada magica. Un racconto, edito da Orecchio Acerbo, che recupera tutti gli evocativi dettagli della storia originale, quella contenuta nelle Mille e una notte. Perché alla fine Aladino è un ragazzaccio vizioso e perditempo, che rubacchia al mercato e non vuole saperne di farsi insegnare dal padre il mestiere del sarto. E’ un ragazzo perduto, ma non sa di esserlo; e quando il padre muore, Aladino ne approfitta per sentirsi ancora più libero, non sapendo che la libertà è tutt’altro. Poi però succede qualcosa di decisivo: il ragazzo incontra un uomo che dice di essere il fratello del padre. In verità, come sapete, si tratta del mago africano che vuole impossessarsi della lampada magica.

 

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La storia di Aladino è contenuta tutta in questa prima parte della fiaba. Sì, certo la novella è un crescendo; i geni sono due, non solo quella lampada, ma anche quello dell’anello; Aladino riesce a conquistare la bella principessa Badr-al-Budur, a costruire un palazzo, ad avere abiti lussuosi e servitori. Appare come il ragazzo fortunato che senza alcun merito, se non quello della generosità, conquista una felicità preclusa alla maggior parte delle altre persone. Noi tutti confondiamo l’eccezionalità del suo destino con la serenità del suo animo; ci dimentichiamo che quell’eccezionalità è solo l’immagine, il simbolo, la metafora, di quello che ha nel cuore. Perché la vicenda di Aladino, sì, sta tutta in quel primo incontro con il mago. Il mago dice alla madre di Aladino di avere per il ragazzo grandi progetti, sarà lui a prendersene cura. L’africano è un personaggio straordinario nella sua ambivalenza. Ha letto in un testo antico che l’unico in grado di recuperare la lampada dalla grotta nascosta è proprio un giovane di nome Aladino. Il mago è dunque un truffatore, l’eroe negativo che viene a fare uno sgambetto al protagonista; e infatti lo metterà nei guai più di una volta nell’arco della storia. Ma quell’incontro è anche l’occasione più importante della vita del giovane perdigiorno. Quando la madre si lamenta con il presunto cognato del comportamento del figlio, il mago si rivolge a lui con voce severa. “Non mi piacciono le parole di tua madre, tuttavia, poiché sei ancora giovane, il tuo destino non è segnato. E’ una vera fortuna per te che io sia venuto fin qui”. E’ in malafede, ma quello che dice non è altro che la verità.

 

Camminando per le strade della città insieme alla sua nuova guida, Aladino prova una sensazione nuova ed eccitante: quella di essere un bravo ragazzo. Ancor prima che al genio della lampada, Aladino esprime il suo desiderio qui. E’ attenta Nadia Terranova a dircelo senza rivelarcelo. E’ bravo Mattotti, con il tratto insistito delle sue illustrazioni, a suggerire proprio questo: davanti agli occhi di Aladino si tratteggia un nuovo futuro, una possibilità che non aveva considerato e che ora vede grazie all’arrivo del mago. Cambiare vita si può. E si può imparando a esprimere i desideri giusti; tutti lo possiamo fare (d’altronde il genio della lampada è di chi lo possiede; di chi si concede cioè di propiziare per sé un destino degno di questo nome). Perché poi ogni desiderio ne nasconde un altro. Anche quelli che esprimiamo a Natale, se ci esercitiamo bene, affinano la nostra capacità di sognare. Si trasformano in desiderio degli altri e del loro affetto; desiderio di un posto nel mondo e di un senso più pieno dell’essere umani.

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