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Il Figlio

Scuole aperte, scuole chiuse. Se la Dad è tutto quel che abbiamo

Annalena Benini

Il wi-fi si blocca, l’audio salta, qualcuno fugge. “Che schifo tutto”, ma non è tutto inutile

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Mio figlio in seconda media va a scuola ogni mattina, nel suo nuovo banco monoposto e con la mascherina sempre, finché la scuola lo permette, finché nessun professore o alunno si ammala o entra a contatto con un positivo. Fa anche attività motoria all’aperto, la mattina, e per questo ogni settimana consegno un modulo firmato, sempre lo stesso ma sempre nuovo, in cui affermo che stiamo tutti bene e non siamo in quarantena. Quando lui dice: non voglio andare a scuola, io mi inferocisco. Mia figlia in quinto ginnasio è in Didattica a distanza e nessuno sa se e quando torneranno a scuola in presenza. Fanno l’orario completo, a volte cinque, a volte quattro ore di fila ogni mattina compreso il sabato, con gli occhi incollati agli schermi e con molti crolli di connessioni soprattutto verso le dieci del mattino, oppure salti di audio, o di telecamera che all’improvviso si spegne o viene spenta di scatto quando la prof. dice: e insomma adesso interrogo.

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Mio figlio in seconda media va a scuola ogni mattina, nel suo nuovo banco monoposto e con la mascherina sempre, finché la scuola lo permette, finché nessun professore o alunno si ammala o entra a contatto con un positivo. Fa anche attività motoria all’aperto, la mattina, e per questo ogni settimana consegno un modulo firmato, sempre lo stesso ma sempre nuovo, in cui affermo che stiamo tutti bene e non siamo in quarantena. Quando lui dice: non voglio andare a scuola, io mi inferocisco. Mia figlia in quinto ginnasio è in Didattica a distanza e nessuno sa se e quando torneranno a scuola in presenza. Fanno l’orario completo, a volte cinque, a volte quattro ore di fila ogni mattina compreso il sabato, con gli occhi incollati agli schermi e con molti crolli di connessioni soprattutto verso le dieci del mattino, oppure salti di audio, o di telecamera che all’improvviso si spegne o viene spenta di scatto quando la prof. dice: e insomma adesso interrogo.

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Sento spesso dall’altra stanza un professore che implora: Arianna per favore alza gli occhi, guarda la telecamera, Giovanni ma non ti funziona l’audio proprio quando ti faccio una domanda? Sento anche i professori che sospirano, esasperati, a volte urlano che non è possibile, ma poi la connessione cade anche al professore oppure la sua voce arriva metallica e per i ragazzi è il trionfo. Spesso sono i ragazzi a spiegare agli insegnanti come ripristinare la connessione, e adesso è spuntata una nuova funzione, un pulsante che significa: sto alzando la mano. Non la usa nessuno, nessuno vuole alzare la mano. Quando mia figlia dice: non voglio fare lezione, io mi inferocisco.

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E’ tutto quello che hanno, è tutto quello che abbiamo. Anche quando la vedo gettarsi sul letto a telecamera spenta durante l’ora di Scienze, anche quando mi rendo conto che è quasi impossibile restare attenti a una lezione con voce metallica oltre che sconfitta, anche quando lei dice: non ne posso più, penso che questo periodo non sarà stato inutile. Sarà stato diverso, strano e a volte brutto, avranno copiato un po’ di versioni di Latino in più, avranno perso certi magnifici giorni speciali in cui tutto si incastra alla perfezione: la sufficienza in Matematica e quel ragazzo all’entrata, i brufoli che si vedono poco e il patto segreto in bagno con le amiche. Mi dispiace moltissimo che non stiano in classe, ma so che hanno l’immensa fortuna di avere il tempo dalla loro parte. Purtroppo non è così per tutti.

 

Ho visto davanti a un liceo vicino a casa quattro o cinque studenti che si sono portati i banchetti e si sono seduti davanti al portone della scuola chiusa, e due stavano sui gradini, a fare didattica a distanza da lì, con i giubbotti, gli auricolari, le mascherine, come Anita davanti alla sua scuola media di Torino. I passanti per la maggior parte ammirati, qualcuno anche arrabbiato: uno scuoteva la testa, un altro agitava un ombrellino chiuso. I ragazzi erano fieri della loro disubbidienza, del resto finalizzata al rientro a scuola, rivendicativa del diritto di tornare in classe. Li capisco, e ognuno di noi vorrebbe fare cose importanti e in molti casi necessarie al sostentamento che non può fare, ma proprio per questo non è il momento di trasformare un vero disastro in un altro slogan un po’ vacuo: ci state rubando il futuro.

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Perché questo virus ci sta già rubando la vita, sono morte 653 persone anche ieri, e le decisioni prese riguardano l’emergenza, quindi vanno rispettate. E in casa mia il wi-fi si impalla nonostante i ripetitori, i professori si innervosiscono ma non so che farci, e poi è saltato l’audio durante l’interrogazione di Geografia: mia figlia ha pianto per due giorni perché i suoi compagni credevano avesse fatto apposta per evitare l’interrogazione, con il rischio di mettere nei guai qualcun altro. Certi non le hanno parlato finché non si è offerta volontaria la volta successiva. Ha detto: che schifo tutto. Ho taciuto, stavolta senza inferocirmi, e ho pensato solo: passerà tutto. E a qualcosa, spero, sarà servito.

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