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Il Figlio

La mia candidata

Simonetta Sciandivasci

Mia madre for sindaco. Del suo amato paese fantasma, Craco, che però le ha detto: straniera

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Ridendo molto, poche settimane fa, mia madre ha telefonato per dirmi: mi candido! Ma a cosa, mamma, dove, perché, con chi, ma non dovevi andare in pensione, non dovevamo andare in Russia? Lei ha risposto soltanto: a Craco, sindaco. E allora io ho aggiunto soltanto: naturalmente. Su Craco a casa mia non si scherza. È il paese dove mia madre è stata spedita da sua madre a crescere, perché tre figlie erano troppe per lei che non è mai stata adulta, e infatti da sempre le troviamo carte di caramelle nelle tasche e sappiamo che non possiamo fare affidamento su di lei. È il paese dove mia madre è stata allevata da sua nonna, che era molto più forte, gentile, disponibile, capace, tenace, intelligente, adulta di sua figlia, mia nonna. È il paese dove mia madre non è stata un peso ma un dono, è stata amata, è stata piccola, è stata salvata, è stata quello che i bambini vogliono essere: come tutti. Ci sarebbe rimasta per sempre se non fosse venuto giù con una frana, e allora lei e sua nonna e suo nonno si trasferirono a Ferrandina, la famiglia si ricongiunse e allargò.

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Ridendo molto, poche settimane fa, mia madre ha telefonato per dirmi: mi candido! Ma a cosa, mamma, dove, perché, con chi, ma non dovevi andare in pensione, non dovevamo andare in Russia? Lei ha risposto soltanto: a Craco, sindaco. E allora io ho aggiunto soltanto: naturalmente. Su Craco a casa mia non si scherza. È il paese dove mia madre è stata spedita da sua madre a crescere, perché tre figlie erano troppe per lei che non è mai stata adulta, e infatti da sempre le troviamo carte di caramelle nelle tasche e sappiamo che non possiamo fare affidamento su di lei. È il paese dove mia madre è stata allevata da sua nonna, che era molto più forte, gentile, disponibile, capace, tenace, intelligente, adulta di sua figlia, mia nonna. È il paese dove mia madre non è stata un peso ma un dono, è stata amata, è stata piccola, è stata salvata, è stata quello che i bambini vogliono essere: come tutti. Ci sarebbe rimasta per sempre se non fosse venuto giù con una frana, e allora lei e sua nonna e suo nonno si trasferirono a Ferrandina, la famiglia si ricongiunse e allargò.

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La frana ha ridotto Craco a un rudere di quelli che adesso usa visitare, è un paese fantasma ambito, Mel Gibson una volta ha provato a comprarlo. Prima dell’hype era dimenticato da tutti tranne che da satanisti, alcolizzati e figli dei lupi che ci andavano a drogarsi, evocare il male, il bene, i morti, i vivi, le capre.  Noi non ci mettevamo piede per paura di sbagliare un passo e far crollare il poco che era rimasto, per non vedere lo sfacelo, e perché mia madre avrebbe pianto in un modo insopportabile, come poi abbiamo preso a piangere tutti ogni anno a Natale, da quando anziché “Il Padrino” rivediamo “Cristo s’è fermato a Eboli”, che a Craco è stato girato. Mia madre ha lavorato per quel paese dal suo ufficio molte volte, perché c’era sempre un palazzo da vincolare, un muro da salvare, una scomparsa da rimandare, un pastore da sfrattare. Lo ha fatto per decenni.

 

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Poi ha deciso di tornarci, s’è messa il casco, le scarpe comode ed è andata a vedere il paese fantasma dove è nata davvero, perché si nasce dove e quando si viene riconosciuti e accolti, ed è qualcosa che può succedere subito o a sette anni o poco prima di morire o mai. È andata tra i ruderi e nel paese che ci hanno costruito non distante e che si chiama Craco Peschiera, anche se laggiù all’ombra dell’ultimo sole non s’è mai assopito un pescatore. Ci è andata una prima volta dieci anni fa e poi non ha smesso più di tornarci e parlare coi vecchi che si ricordavano di sua nonna e che a me, quando li raccontava, sembravano tutti speciali, fantastici, perbene, ragazzi del mondo scorso che avevamo il dovere di non lasciare soli, di far vivere in un posto bello e non desolante, un posto che assomigliasse almeno un pochino al paese dove erano nati e cresciuti e che adesso è fragile come una fetta biscottata, ne ha pure lo stesso colore.

 

Mia madre ha detto mi candido, fa niente se perdo, tanto perdo, e allora mi sono informata sui suoi avversari e ho avuto la certezza che avrebbe vinto, non solo perché è mia madre e tutto quello che fa le viene come la sua pasta al forno, che piaceva persino a mio nonno che l’aveva detestata per una vita, la pasta al forno, ma pure perché era l’unica con un programma, una storia nuova, una lista piena di fichi, incluso un astrofisico molto grunge. Ho visto il suo primo comizio, lo ha cominciato così: “Eccomi qui con la mia lista di forestieri, sarò a vostra disposizione, a gennaio vado in pensione!”. E ho pensato: è pazza e irresistibile, se non la votano sono pazzi e cretini. Qualcuno ha fischiato e allora ho scoperto che a Craco pensano che mia madre non abbia diritto di fare niente, perché non è di Craco, è andata a vivere lontano (30 chilometri più in là), e adesso che vuole, si vuole arricchire, ci vuole colonizzare, ma chi la conosce, chi è questa presuntuosa metropolitana forestiera venuta dall’inizio del mondo, cosa vuole da noi, cosa pensa che siamo, aborigeni bisognosi di un antropologo?

 

Guardavo i video dei suoi comizi, la trovavo eccezionale, e più era eccezionale e più a Craco si arrabbiavano e dicevano ma questa che ne sa di noi, perché insiste? E guardavo i comizi degli altri che la insultavano e non avevano altro in programma che gli insulti per questa straniera femmina ambiziosa rompicoglioni. Ha perso. Mi ha detto: dammi tempo per fidarmi di nuovo di tutto. Le ho raccontato di quella volta che sono quasi morta investita da un camion perché quando ho visto che mi veniva addosso non sono riuscita a muovermi, e ho pensato: morirò, pazienza, perché non riuscivo a correre il rischio di correre via. Credo che succeda, a volte, anche quando andiamo a votare: scegliamo chi non ci farà mai correre il rischio di correre.

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