PUBBLICITÁ

IL FIGLIO

Cara scuola, e ora come ci si sente a essere la regina della festa?

Annalena Benini

Per la prima volta non sappiamo come sarà settembre. Ma abbiamo imparato a dire scusa, e grazie

PUBBLICITÁ

Cara scuola,

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Cara scuola,

PUBBLICITÁ

come ci si sente ad avere tutti gli occhi addosso? A sapere che tutti guardano te, aspettano te, vogliono te, pregano te? Fino a sei mesi fa eri una specie di spazzacamino con la faccia sporca di fuliggine, e se un bambino diceva una parolaccia eri stata tu, se spariva la carta igienica davano la colpa a te, anche i genitori stanchi e nervosi erano tua responsabilità. Non eri mai, mai, mai abbastanza bella, abbastanza brava, abbastanza istruita, abbastanza intelligente, ma adesso molti di noi sono pronti ad attraversare anelli di fuoco con i figli in braccio per offrirteli, e fanno la fila per adularti: scrivono sui muri quanto sei importante, meravigliosa, indispensabile, quanto è urgente che tu ti senta al sicuro e amata.

 

Sei la regina della festa, e in giro c’è molta apprensione su di te: paura che all’ultimo minuto darai buca e terrai le porte chiuse, o te la filerai in taxi dopo cinque minuti. E allora sarebbe di nuovo divano, wi-fi che traballa, grandi litigi su chi ha il diritto di usare il computer in cucina, e l’infinita pena di accorgermi che mio figlio risponde alle interrogazioni da una sedia girevole che lui fa muovere vorticosamente a destra e a sinistra, finché dallo schermo la professoressa gli chiede di smetterla, per pietà, che le viene la nausea (durante i colloqui scolastici finali su Zoom, la prof. ha detto molte cose sagge, e poi mi ha chiesto la cortesia di far sparire quella sedia infernale entro settembre, per la salute di tutti; ma è la sedia preferita di mio figlio, e io ho deciso di mettere un po’ in disordine, cioè lasciare la sua stanza così com’è, e dire che sono venuti i ladri e l’hanno rubata).

PUBBLICITÁ

 

Insomma, cara scuola, dentro questo dramma e dentro le aule deserte, e dentro le discussioni sulle lezioni pomeridiane e sulle mascherine in aula e sui banchi monoposto (penso ai bambini che vanno in prima elementare, e mi dispiace tanto per loro) si è terribilmente consumata anche la tua rivincita sociale, la tua trasformazione da sacco da boxe sbrindellato a paradiso leggendario: adulti che prima ti snobbavano ora passano davanti ai tuoi portoni chiusi e si commuovono, e quelli come me che avevano silenziato tutte le chat di classe adesso hanno messo la suoneria al massimo, per non perdersi nessuna comunicazione, e fanno domande con una gentilezza nuova, con una gratitudine preventiva verso qualsiasi straccio di buona notizia. L’aula in più in palestra, l’aula in emeroteca, l’aula nel convento delle suore: tutto mi sembra magnifico, anche se ho ascoltato dei vocali segreti che dicono: “O regà, non esiste proprio, occupiamo il primo giorno”, e forse sono quasi pronta alla delazione.

 

Ogni settembre, da decenni, abbiamo dato per scontato il lancio dei figli (bambini dolcissimi, bambini ipercinetici, adolescenti timidi, adolescenti rabbiosi, diciottenni con i capelli verdi) dall’altro lato del cancello, con un po’ di disprezzo per questo semplice dono comune così adatto a diventare anche parafulmine, e con un sacco di spiegazioni sull’inadeguatezza, sull’insufficienza, e su quanto quel lato del cancello fosse antiquato e brutto. Adesso non diamo per scontato più niente, perché non sappiamo niente. Per la prima volta nella nostra vita, da alunni, da studenti, da genitori, da curiosi, non sappiamo davvero che cosa succederà a settembre. E dopo tanto disinteresse, non c’è mai stato qualcosa che abbiamo desiderato così tanto sapere: le soluzioni, i dettagli, la merenda, i compiti in classe, e come sarà la ricreazione, potranno parlare con quelli delle altre classi? Il cancello resterà sempre aperto? Chiuderà? Ci lascerà fuori? Non sappiamo niente, ma almeno abbiamo imparato a dire: cara scuola, scusa, e grazie.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ