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Non ci resta che perdere. Il Milan, il post Roma e il pre derby

Mirko Volpi

Dopo la vittoria contro i giallorossi i tifosi rossoneri hanno tanti buoni motivi per sorridere e solo uno per iniziare a crucciarsi

Ditemi voi come potrei io adesso trattenermi, mordermi la lingua e anzi zavorrarmi le dita che vorrebbero ticchettare a mille all’ora sulla tastiera per innalzare agli eroi di Milanello (nota per i poco attenti: il riferimento al luogo dove si svolgono i duri allenamenti di mister Gattuso non è stato certo scelto per retorico amor di variatio) un alato peana dopo aver reso il giusto tributo alla diva Eupalla e invocato l’aiuto di Apollo e delle nove Muse e poi Zeus che tutto può e Silvio che tutto poté. Ditemi voi perché io dovrei adesso essere indotto a scegliere il basso profilo (in milanese moderno: low profile; in cacciavitico: vula bass e schiva i sass), a non controllare le statistiche delle ultime dodici partite circa, a evitare di riscrivere ancor più in bella le due ultime, zuccherosissime puntate di questa rubrica, che – i miei ventidue lettori lo avranno arguito fin dalla sua prima apparizione – era piuttosto sorta per comporre malinconici epicedi alla squadra che fu. Nessuno mi aveva avvertito della possibilità di questa inattesa piega degli eventi. Ditemi, allora, come posso, oggi, non farmi prendere da un entusiasmo pericolosamente somigliante a quello che ogni anno, attorno alla metà di luglio, e prolungandosi poi fino a Natale circa, si impossessa delle menti dei cugini Bauscia, facendoli sbroccare? Eppure è necessario resistere, tacere, mettere da parte gli oggettivi tre punti, registrare che la classifica ci vuole ancora fuori da ogni coppa. Solo quando andando a letto spegneremo la luce, e nessuno potrà sentirci né indovinare la libidinosa natura delle nostre cogitazioni, potremo ripensare alla notte di Roma, all’inaggettivabile gol di Cutrone (semplicemente la sintesi perfetta non di ciò che deve fare, ma di ciò che deve essere un centravanti), all’eclatante conferma di avere un terzino degno di quel numero due sulle spalle (ma davvero avevamo bisogno di un pur bellissimo gol, per saperlo?), ai due assist sopraffini, a Bonucci (oh, sì, proprio lui), a una difesa stagna, e insomma a una squadra che, patito un poco il primo tempo, nel secondo ha mostrato muscoli, testa, volontà, coesione, organizzazione di ferro. E crucciarci per un unico fatto. Che per il derby di domenica siamo così favoriti che non potremo che perdere.

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